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  • Domenica 3 luglio 2011

I dieci paesi meno liberi del mondo

La classifica dei peggiori regimi del pianeta e dei luoghi dove è consigliabile non abitare

L’organizzazione non governativa Freedom House ha pubblicato poche settimane fa il rapporto 2011 sui paesi meno liberi del mondo. La classifica è formata tenendo conto dei diritti politici e civili garantiti ai cittadini, e degli episodi di violazione dei diritti umani: l’organizzazione segnala che oggi, nel mondo, più di 1,6 miliardi di persone non possono esprimere liberamente le loro opinioni, non hanno voce in capitolo nella scelta dei governanti e non possono avere giustizia quando sono vittime di crimini. Secondo il rapporto, 87 nazioni sulle 194 che esistono nel mondo possono essere definite “libere”, mentre altre 60 sono “parzialmente libere”. Nella terza categoria, “non liberi”, ci sarebbero 47 stati, circa un quarto del totale.

Nove stati nazionali e un territorio hanno il punteggio più basso nella classifica e rientrano nella sezione Worst of the Worst (“Il peggio del peggio”) del rapporto annuale.

Myanmar
Il paese è governato da una giunta militare, guidata dal 1992 dal generale Than Shwe, che a marzo scorso ha ceduto il posto al suo successore designato, Thein Sein. I militari hanno il controllo assoluto dei poteri esecutivo, giudiziario e legislativo (hanno a lungo governato attraverso decreti) e possiedono o controllano tutti i mezzi di comunicazione. Nel novembre 2010 si sono tenute nel paese le prime elezioni parlamentari dal 1990, ma i militari hanno fatto in modo di ottenere una vittoria schiacciante per il loro partito, l’Unione per la Solidarietà e lo Sviluppo, cancellando i voti di intere aree del paese non completamente sotto il loro controllo. Il principale partito di opposizione, la Lega Nazionale per la Democrazia, ha annunciato il rifiuto di partecipare alle elezioni ed è stato sciolto dal governo a settembre, anche se il suo leader, Aung San Suu Kyi, è stata rilasciata a novembre dopo anni agli arresti domiciliari.

Guinea Equatoriale
Il presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo governa dal 1979 ed è stato rieletto nel 2009 con il 95,4% dei voti. Il parlamento è unicamerale e formato da cento membri, 99 dei quali fanno parte del partito del presidente (che si chiama Partito Democratico). La Guinea Equatoriale è ai primi posti nella classifica mondiale dei paesi più corrotti, e i guadagni dell’industria petrolifera vanno ad aumentare le fortune personali di Mbasongo e della sua cerchia. I mezzi di comunicazione sono tutti di proprietà del governo, eccetto RTV-Asonga, un’emittente televisiva e radiofonica privata di proprietà del figlio del presidente e successore designato, Teodoro Nguema Obiang Mangue. Mangue è accusato di riciclaggio di denaro negli Stati Uniti.

Eritrea
Dopo 17 anni di indipendenza, e dieci anni di pace (piuttosto precaria) con la vicina Etiopia, si devono ancora tenere le prime elezioni democratiche, che nella costituzione del paese dovrebbero servire a eleggere parlamento e presidente. Attualmente è legale un solo partito, il Fronte Popolare per la Democrazia e la Giustizia guidato da Isaias Afwerki, che mantiene il controllo nel paese con arresti, torture e luoghi di reclusione segreti, nonché reclutando nell’esercito, spesso forzatamente, moltissimi giovani uomini e donne. Il servizio militare obbligatorio sarebbe obbligatorio per 18 mesi, ma le dispute di confine non risolte con l’Etiopia sono la scusa da parte del governo per prolungare la ferma per anni e tenere il paese in uno stato di guerra permanente.

Libia
Anche prima dell’inizio della guerra civile degli ultimi mesi e dell’intervento della NATO, la Libia era uno dei paesi in cui i diritti dei cittadini avevano le maggiori limitazioni. Teoricamente, il potere è gestito da un sistema di comitati popolari e dal Congresso Generale del Popolo, ma in pratica il meccanismo è manipolato per garantire la prosecuzione del dominio di Muammar Gheddafi, che non ha alcun incarico ufficiale. I partiti politici sono illegali da 35 anni e si può essere incarcerati per qualsiasi violazione dei “principi” della rivoluzione del 1969, come esposti nel Libro verde scritto dallo stesso Gheddafi. Il potere giudiziario è interamente dipendente dall’esecutivo, non esiste stampa indipendente, e il governo controlla l’unico provider di servizi internet.

Corea del Nord
Da quando Freedom House pubblica il suo rapporto, ovvero da 40 anni, il regime nordcoreano è sempre entrato nella sezione Worst of the Worst. Kim Jong-il è a capo della Repubblica Popolare Democratica della Corea, questo il nome ufficiale, dalla morte di suo padre Kim Il-sung nel 1994, e ha iniziato ad assegnare cariche importanti al terzo figlio Kim Jong-un, per prepararne la successione. Il regime è tra i più chiusi e repressivi del mondo ed è difficilissimo avere notizie di quello che vi accada, o immagini della spettrale capitale Pyongyang.
All’inizio del 2010, con un gesto più unico che raro, le autorità si sono scusate del fallito tentativo di riforma monetaria della fine del 2009 e hanno di nuovo permesso il piccolo commercio al dettaglio. A marzo e a novembre ci sono stati due momenti di grande tensione con la Corea del Sud, nel primo caso quando la Corea del Nord è stata accusata dell’affondamento di una nave sudcoreana, e alcuni mesi dopo quando il regime ha bombardato l’isola di Yeonpyeong in risposta a esercitazioni militari congiunte tra Sud Corea e Stati Uniti.

Somalia
Per molti aspetti, si può dire che la Somalia non esista più da quasi vent’anni. La guerra civile ha portato alla dissoluzione del governo centrale negli anni Novanta, e nessuna autorità è più in grado di garantire i diritti dei cittadini. Il Governo di Transizione Federale è riconosciuto internazionalmente ma poco popolare nel paese, e la porzione di territorio che controlla è minima, non assicurandosi neppure tutta l’area della capitale Mogadiscio. Pochi giorni fa il premier del GTF si è dimesso. Il processo politico passa interamente per la fedeltà ai diversi clan, mentre intere aree del paese (come il Somaliland, al nordovest) si sono autoproclamate indipendenti da anni.
Il principale gruppo ribelle e autore di diversi attacchi terroristici, lo Shabaab, ha un certo controllo nel centro e nel sud del paese, dove ha instaurato la legge islamica con modi particolarmente brutali.

Sudan
Ad aprile del 2010 si sono tenute le prime elezioni nazionali e multipartitiche da 24 anni a questa parte, ma gli osservatori internazionali le hanno dichiarate irregolari. Il presidente Omar al-Bashir ha vinto un altro mandato di cinque anni. A luglio, la Corte penale internazionale ha emesso contro di lui un mandato di arresto, con l’accusa di genocidio per quanto avvenuto nella regione del Darfur. In quest’area, i combattimenti si sono fatti più intensi nel corso del 2010.
Il sud del paese ha tenuto un referendum a febbraio che ne dovrebbe permettere l’indipendenza dal nord, ma subito dopo le votazioni sono iniziati gli scontri e le difficoltà.

Tibet
Il Tibet è l’unico territorio che è entrato nella classifica di Freedom House. Il controllo cinese dell’enorme regione montuosa (ma con solo cinque milioni di abitanti) è strettissimo, ed è aumentato dopo la rivolta del 2008. A marzo, la repressione è diventata più intensa mano a mano che si avvicinava l’anniversario della fuga del Dalai Lama dal Tibet, e a ottobre centinaia di studenti hanno protestato contro la decisione di fare del cinese mandarino la prima lingua dell’insegnamento. Almeno 800 detenuti per motivi politici o religiosi rimangono nelle carceri cinesi.

Turkmenistan
Il paese dell’Asia centrale è molto ricco di gas naturale, ed è governato dal Partito Democratico, che rimane l’unico partito politico legale. Le elezioni locali del 2010 sono dunque state una pura formalità per il governo del presidente Gurbanguly Berdymukhammedov, succeduto nel 2006 a Saparmurat Niyazov. Questi divenne celebre per aver imposto al paese uno stravagante culto della personalità, che includeva nuovi nomi ai mesi tratti dalle persone della sua famiglia ed enormi monumenti in suo onore, e rimase presidente del paese dall’indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1990 alla sua morte, cinque anni fa.
Il governo controlla completamente la stampa e la televisione e intimidisce i pochi inviati stranieri. I giudici sono direttamente nominati dal presidente, che ha anche il potere di rimuoverli a sua discrezione.

Uzbekistan
Il presidente uzbeko Islam Karimov, in carica dal 1990, controlla direttamente il potere legislativo e giudiziario. Esistono solo quattro partiti registrati, tutti che sostengono il governo, e l’opposizione politica è repressa. Il governo limita la libertà religiosa e le attività economiche private, ma il regime mantiene rapporti relativamente buoni con gli Stati Uniti e l’Europa, grazie al suo appoggio logistico per le operazioni della NATO in Afghanistan.