La repressione dell’Islam in Tagikistan
Nella repubblica asiatica la polizia intimorisce chi porta la barba, e una nuova legge vieterà i nomi musulmani più diffusi
Il presidente del Tagikistan Emomalii Rahmon sta per firmare una legge sulla “responsabilità parentale” che vieterà a bambini e ragazzi di partecipare alle funzioni religiose islamiche. Si tratta dell’ennesimo provvedimento che combatte la religione islamica nel paese asiatico, in cui da alcuni mesi la polizia ferma e intimidisce per le strade gli uomini che portano la barba.
Il Tagikistan è una repubblica grande circa come la Grecia, dal territorio quasi totalmente montuoso, stretta tra la Cina a est e l’Afghanistan a sud. Repubblica ex sovietica, è governata dal 1992 da Emomalii Rahmon e per cinque anni dopo l’indipendenza, fino al 1997 è stata teatro di una devastante guerra civile, e nelle valli orientali avvengono ancora sporadici combattimenti. Con l’Afghanistan il paese ha in comune una frontiera di 1.400 km, e il governo tenta di arginare con metodi autoritari l’arrivo di militanti dal paese confinante e la radicalizzazione della religione islamica in patria. Le accuse di islamismo radicale sono spesso utilizzate dal governo anche per imprigionare i dissidenti politici.
L’ultima legge è già stata approvata dal parlamento tagiko (un passaggio non difficilissimo, vista la scarsissima indipendenza dell’organo legislativo nei confronti del governo) e ha già causato molte proteste anche tra i religiosi moderati, che l’hanno definita “contro il volere di Dio”. La legge prevede anche che i nomi dei nuovi nati siano “in accordo con i valori nazionali”, il che significa probabilmente che i più comuni nomi musulmani come Mohammad, Ibrahim o Abdullah saranno vietati.
L’anno scorso il governo ha iniziato una campagna per chiudere le moschee senza autorizzazione ufficiale e per rendere quasi impossibile l’apertura di nuovi luoghi di culto, anche se i sermoni che devono essere recitati durante le funzioni sono forniti dall’autorità centrale. Nei mesi successivi ha anche ordinato il ritorno in patria di migliaia di studenti di scuole coraniche all’estero.
Il presidente tagiko Emomalii Rahmon.
foto: ATTA KENARE/AFP/Getty Images