In Afghanistan, meglio perdere poco e subito
Thomas Friedman su quello che gli Stati Uniti non possono e non devono fare in Medio Oriente
Oggi la Stampa traduce in italiano l’articolo di Thomas Friedman pubblicato il 25 giugno dal New York Times.
Nel 2009 Obama annunciò di voler aumentare le truppein Afghanistan.
In quell’occasione dissi che poteva avere successo a tre condizioni: che il Pakistan diventasse un Paese diverso, che il presidente afghano Hamid Karzai diventasse un uomo diverso e che riuscissimo a fare esattamente ciò che sosteniamo di non fare, e cioè la ricostruzione nazionale dell’Afghanistan. Niente di tutto ciò è successo, ecco perché credo ancora che le nostre opzioni in Afghanistan siano: perdere presto, perdere tardi, perdere molto o perdere poco. Io voto per presto e poco.
La mia diffidenza nei confronti dell’Afghanistan nasce da queste tre domande: Quando ci ha reso felici il Medio Oriente? Come è finita la guerra fredda? Cosa avrebbe fatto Ronald Reagan? Diamo un’occhiata a tutte e tre le questioni.
Quando ci ha reso più felici il Medio Oriente in questi ultimi decenni? E’ semplice: 1) quando Anwar el-Sadat ha fatto la sua visita a sorpresa a Gerusalemme, 2) quando in Iraq la rivolta sunnita contro le forze pro-Al Qaeda ha cambiato il corso delle cose 3) quando nel 2001 il regime talebano fu sconfitto dai ribelli afghani, sostenuti solo dalle forze aeree e da qualche centinaio di forze speciali degli Stati Uniti, 4) quando israeliani e palestinesi sottoscrissero un accordo segreto di pace a Oslo, 5), quando in Iran è scoppiata la Rivoluzione Verde 6), quando in Libano è scoppiata la Rivoluzione dei Cedri; 7) quando sono scoppiate le rivolte per la democrazia in Tunisia, Libia, Yemen, Siria ed Egitto; 8) quando Israele si ritirò unilateralmente dal Libano meridionale e da Gaza.
E che cos’hanno in comune? L’America non aveva quasi niente a che fare con tutte queste cose. Erano iniziative della gente, non le abbiamo viste arrivare, e per la maggior parte non ci sono costate un centesimo.