Beyoncé non esiste
Lo ipotizza Piero Negri sulla Stampa, nel giorno in cui esce il suo nuovo disco
Oggi esce “4”, il nuovo disco di Beyoncé, che – a dimostrazione della elasticità dei gusti musicali britannici – domenica ha concluso con un trionfo il festival di Glastonbury, solitamente dominato da band e rockstar di ben altro spessore musicale. Sulla Stampa Piero Negri fa delle riflessioni sul suo personaggio, e sul pop contemporaneo.
In anticipo di un paio di mesi sul suo trentesimo compleanno, che cade il 4 settembre, Beyoncé Knowles, 25 milioni di dischi venduti nel mondo finora, esce oggi con il suo quarto album, che ha intitolato senza sforzi di fantasia 4. Molto atteso, annunciato da uno stillicidio di notizie e una fuga di tracce musicali sul web che è sembrata più l’ennesima anticipazione che un dispetto o addirittura un’azione di spionaggio industriale, 4 rischia fortemente di essere l’episodio più convincente della sua precoce e precocemente fortunata carriera: il solito stuolo di produttori pare aver deciso che Beyonce stavolta potesse semplicemente cantare, e non si può che esserne felici. Lei racconta di aver inciso 60 tracce e di averne scelte 12 con qualche fatica, tenendo presenti molte ispirazioni diverse, da Prince agli Earth Wind and Fire, senza dimenticare modelli più recenti come Florence and the Machine e Adele. Racconta anche di aver iniziato a lavorare a questo disco con i musicisti che suonano nel musical di Broadway Fela!, dedicato alla vita e all’opera di Fela Kuti, e qui la storia si fa più interessante. Fela Kuti, un nigeriano che cantava in inglese, considerato l’inventore dell’afrobeat, morto nel 1997, era un attivista politico e grande promotore della musica del continente nero. Non proprio un modello banale, insomma.
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