Cosa succede a Parma
Oggi si sono dimessi due assessori e si cerca dove siano finiti i soldi delle tangenti per cui venerdì sono state arrestate 11 persone
di Elena Antonetti
Chi non abita a Parma e legge o sente le notizie degli ultimi giorni può pensare che si tratti “solo” di giri di mazzette o di corruzione, ma chi ci vive sa che non è così. E non è così per i nomi coinvolti che sono tra gli artefici di quel “modello Parma”, tra civismo e rampantismo, che si illudeva di porsi come inizio di un nuovo modo di fare politica. Cerchiamo di ricostruire il quadro.
Venerdì mattina si è compiuto il secondo atto di un’inchiesta iniziata più di un anno fa (aprile 2010) e che già allora aveva messo in luce un giro di corruzione nella gestione dei lavori del verde pubblico. Il secondo atto è stato però molto più clamoroso del primo, di cui in pochi si ricordavano. Nella mattina del 25 giugno sono state arrestate 11 persone, tra le quali spiccano i nomi di Carlo Iacovini ed Emanuele Moruzzi, due tra i più stretti collaboratori dell’attuale sindaco Pietro Vignali (che guida una giunta di centrodestra), e di Giovanni Maria Jacobazzi, capo della polizia municipale, chiamato direttamente dal sindaco per gestire il “dopo-Bonsu”, il superamento delle polemiche sul pestaggio di un giovane ghanese di cui erano stati accusati i vigili (ma Jacobazzi era stato poi accusato di avere partecipato a un tentativo di insabbiamento delle accuse). Gli altri arrestati sono imprenditori e funzionari dell’ex municipalizzata che gestisce acqua, luce e gas (Enìa, ora confluita in Iren).
Il meccanismo emerso era in fondo semplice: si appaltavano dei lavori di manutenzione e riqualificazione di aree verdi a ditte “amiche”, le quali o eseguivano lavori minori rispetto a quelli commissionati o non li eseguivano proprio, fatturando a Enìa importi superiori ai lavori svolti e fasulli rispetto ai lavori non effettuati. Si creava così una sorta di cassa di denaro (pubblico) a disposizione di chi gestiva il meccanismo. L’operazione giudiziaria, chiamata “Green Money”, venerdì ha svelato come Iacovini e Moruzzi abbiano usato una piccola parte di questo denaro per scopi privati (ristrutturazione dei propri giardini), cosa fatta anche da Jacobazzi, che, per la funzione svolta, ha però avuto un ruolo diverso nella vicenda (e a carico del quale sono emersi altri reati).
Il grande interrogativo, sollevato anche dalle affermazioni del procuratore Laguardia che ha parlato di corruzione diffusa in città, riguarda l’utilizzo dell’enorme flusso di denaro che il sistema messo in piedi ha creato, posto che non si è esaurito nei lavori fatti nelle abitazioni dei tre dirigenti arrestati. L’ipotesi più allarmante è che il denaro sia andato ad alimentare la campagna elettorale dell’attuale sindaco e che i soldi possano essere stati gestiti direttamente da “Parma civica”, il movimento “civico” del primo cittadino di Parma: tra gli arrestati c’è anche il tesoriere di quel movimento.
Nel giorno degli arresti, l’opposizione ha chiesto a gran voce le dimissioni del sindaco – con manifestazioni dei cittadini fuori dal Comune e grande tensione – il quale ha risposto appellandosi alla responsabilità individuale delle persone coinvolte (dirigenti da lui scelti con i quali, Jacobazzi escluso, collaborava strettamente da quando era assessore all’Ambiente nella giunta precedente), salvo poi, il giorno successivo, azzerare tutta la dirigenza comunale che poco o niente aveva a che fare con gli arrestati.
Oggi gli ultimi sviluppi: si è dimesso pirma l’assessore alla cultura Luca Sommi, dicendosi «sdegnato da quanto successo» e non volendo essere confuso con quel sistema e quel modo di concepire e usare l’amministrazione. E nel pomeriggio lo ha seguito l’assessore alle Politiche abitative Giuseppe Pellacini. Sommi ha motivato così le sue dimissioni:
«In considerazione della straordinaria gravità dei fatti emersi negli ultimi giorni ritengo che non ci siano più le condizioni per lavorare serenamente con questa amministrazione, che pare segnata da una situazione fuori controllo»
foto: PACO SERINELLI/AFP/Getty Images