Il lento risveglio di Aleppo
Il futuro della rivolta in Siria passa dalle strade della sua città più popolosa
Aleppo è la città più popolosa della Siria, e il suo centro economico più importante. Si trova nella parte settentrionale del paese, e per questo viene spesso detta “la capitale del nord”. Il suo nome non è quasi mai comparso nelle cronache delle proteste contro il regime di Damasco degli ultimi quattro mesi, eppure gran parte delle speranze di cambiamento per la Siria passano proprio da qui. Lo spiega Al Jazeera.
Nonostante sia una città a predominanza sunnita, le moschee di Aleppo sono da sempre controllate dalla polizia segreta del regime alauita di Bassad. Da quando l’esercito schiacciò la ribellione armata condotta dai Fratelli Musulmani nel 1980, il regime si occupa direttamente di nominare tutte le cariche religiose di Aleppo, per assicurarsi che durante le preghiere del venerdì la popolazione non rischi più di sentire incitazioni alla rivolta come era successo in passato. Oggi però la tetra relazione tra il regime di Damasco e i predicatori di Aleppo sembra essere sul punto di incrinarsi. «Le persone sono sempre più arrabbiate e il governo sa fare solo promesse», spiega uno dei leader musulmani più importanti della città, che ha chiesto di rimanere anonimo per evitare possibili ritorsioni «penso che venerdì cercheranno di organizzare una dimostrazione, ma li inviterò alla calma».
Un secondo e ancora più significativo segnale di rottura col regime è quello che proviene dal mondo dell’economia. Posta a una delle estremità della Via della Seta, Aleppo è da sempre uno degli snodi commerciali più importanti tra l’Asia e il Mediterraneo. Specializzata nell’industria tessile, l’economia della città è sempre più collegata al vasto mercato della Turchia, appena 50 chilometri a nord. Per decenni i commercianti di Aleppo hanno fatto affari con i loro correligionari in Turchia, ma la recente condanna della repressione arrivata dal premier turco Rayyp Erdogan potrebbe mettere a repentaglio i loro recenti accordi economici. Lo stesso Assad, nel suo discorso del 20 giugno all’università di Damasco, ha riconosciuto che il rischio più grande per il suo governo è rappresentato proprio dal possibile «collasso dell’economia siriana».
Aleppo fu la città della Siria più colpita dalla brutale repressione degli anni Ottanta, per questo non è sorprendente che i suoi abitanti non siano ancora usciti allo scoperto, spiegano gli analisti, ma qualcosa si sta muovendo nei paesi intorno e presto potrebbe arrivare anche lì. «Sto perdendo soldi perché nessuno vuole comprare tessuti», spiega ad Al Jazeera il capo di una delle aziende tessili più grosse della città. «Sto seriamente considerando di dover licenziare molte persone». A fine maggio Assad ha incontrato una delegazione di commercianti di Aleppo e ha promesso tagli alle spese per la benzina e l’elettricità, ma per i commercianti non è abbastanza. «Il governo guarda a noi come a dei partner che lo dovrebbero aiutare a uscire dalla crisi. Ma se la situazione economica continuerà ad andare così male, Aleppo scenderà in piazza».