Feltri con Pannella contro lo stato delle carceri
«La pena deve servire a emendare (rieducare) e non può trasformarsi in una sorta di vendetta contro il reo», scrive oggi sul Giornale appoggiando la richiesta di un'amnistia
Sul Giornale di oggi Vittorio Feltri annuncia di scrivere una cosa “impopolare” e appoggia lo sciopero della fame di Marco Pannella contro lo stato delle carceri in Italia e per un’amnistia.
L’ennesima violenza di Marco Pannella su se stesso (sciopero della sete, un rischio letale) lascia perplessi gli italiani se addirittura non li irrita. Perché è finalizzata ad accendere l’attenzione della politica, e dell’opinione pubblica in generale, su un problema autentico, grave, che tuttavia la gente non considera neppure: la condizione disumana in cui vengono tenuti i carcerati. La mentalità diffusa è questa: chi finisce dentro ci deve rimanere per espiare. Non importa se la metà dei detenuti è in attesa di giudizio e non è detto sia colpevole. Non importa neppure che la Costituzione (oltre alla tradizione di civiltà) sia chiara: la pena deve servire a emendare (rieducare) e non può trasformarsi in una sorta di vendetta contro il reo, il quale dunque sia privato della libertà, ma non della dignità. Il più delle volte questi discorsi teorici fanno venire i nervi a chi li ascolta, convinto semmai dell’opportunità di infliggere qualsiasi tormento a chi sta dietro le sbarre, così impara a non delinquere. Se le prigioni sono sovraffollate, indecenti, stabilimenti di tortura dove la promiscuità annulla la personalità e abbrutisce, chissenefrega: tanto peggio per i criminali, tanto meglio per noi onesti. L’idea cambia se all’onesto capita (eccome se capita) di essere arrestato, magari per errore. Allora prova cosa voglia dire nel Terzo Millennio subire umiliazioni di tipo medievale e si propone, appena fuori, di dedicare il resto della vita alla battaglia: riservare ai carcerati un trattamento almeno cristiano se non proprio civile.
(continua a leggere sul sito del Giornale)