Chi sono gli operai

Contenti del loro lavoro e poco politicizzati, dice un'indagine SWG commissionata dal Partito Democratico

La settimana scorsa il Partito Democratico ha tenuto a Genova una Conferenza sul lavoro – se n’è parlato anche sul Post – e a questo scopo ha commissionato all’istituto SWG una “indagine sulla condizione operaia in Italia”. I risultati di quell’indagine sono interessanti e oggi li descrive e commenta Dario Di Vico sul Corriere della Sera.

A commissionarla è stato il Pd per la sua recente Conferenza del lavoro, ma «l’indagine sulla condizione operaia in Italia» presentata da Roberto Weber è rimasta sotto traccia durante la due giorni genovese. Eppure a spulciare le tabelle presentate dal direttore della Swg si trovano diverse novità e, se una volta Aris Accornero aveva rimproverato la sinistra di aver fatto degli operai «una macchina per la lotta di classe» , oggi siamo lontani anni luce da quel modello. Gli operai in carne ed ossa delineati da Weber nel suo rapporto di ricerca sono di un altro secolo: politicamente orfani, sindacalmente freddi, sempre più aziendalisti e in materia di rivendicazioni decisamente orientati a chiedere più salario. «La de-ideologizzazione del mondo del lavoro è iniziata da tempo, ma con questa indagine appare compiuta — sottolinea Weber —. E si delinea una prossimità tra azienda e lavoratore, tra chi vende e chi compra lavoro, che non può più essere ignorata» . L’indagine è stata realizzata tramite interviste a un campione (600 operai) pienamente rappresentativo dal punto di vista delle differenze di genere, anagrafiche e territoriali. Si comincia a lavorare in fabbrica molto presto (in media a 19 anni), l’orario settimanale è di 37 ore e la retribuzione di 1.100 euro con uno scarto di 380 euro tra uomini e donne. Alla impegnativa domanda «da quale area politica si sente maggiormente tutelato come lavoratore» il 31%degli operai risponde «dalla sinistra e dal centro-sinistra» , il 18% «dalla destra e dal centro-destra» e solo il 3% dal «centro» . Resta fuori però la fetta più ampia: un 42% che non ha remore a rispondere: «da nessuno» . Commenta preoccupato Weber: «C’è il pericolo che questo segmento diventi l’anticamera di una vasta area di qualunquismo e un bacino di voti per aree politiche che per cultura/valori/ideologia hanno da condividere ben poco con la classe operaia» . In sostanza la sinistra conferma il suo primato, tiene a distanza il centro-destra (che pure si giova del populismo leghista), ma lascia scoperta la maggioranza relativa delle tute blu che prende risolutamente le distanze dalla politica in quanto tale.

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