Perché Jisr al-Shughour è importante
Quello che succede nella città simbolo della repressione in Siria potrebbe dare indicazioni sul futuro della rivolta
di Elena Favilli
Nelle ultime settimane Jisr al-Shughour è diventata la città simbolo della repressione del regime siriano. Decine di persone sono state uccise negli scontri con l’esercito e a migliaia si sono rifugiate oltre il vicino confine turco per fuggire dalla violenza. Tutto è iniziato quando 120 soldati dell’esercito sono stati uccisi in città, negli scontri tra il 3 e il 6 giugno. Le autorità di Damasco dicono che a ucciderli sono stati i manifestanti, gli abitanti invece sostengono che sono stati uccisi dalle stesse forze di sicurezza per essersi rifiutati di sparare sui civili. La BBC ha cercato di chiarire quanto realmente successo con un’inchiesta di Gabriel Gatehouse.
Tutto inizia il 3 giugno, dopo la preghiera del venerdì, quando un manifestante viene ucciso da un proiettile delle forze di sicurezza che avevano sparato per disperdere la folla. Al suo funerale, il giorno dopo, partecipano oltre 15mila persone. Alcuni testimoni, intervistati dalla BBC, raccontano che durante il funerale i cecchini hanno iniziato a sparare sui manifestanti «come su un branco di pecore». La folla a quel punto ha iniziato ad aumentare e si è spostata verso l’ufficio postale, cantando slogan contro il regime. Qui sono ripresi gli spari, questa volta provenienti dall’interno dell’ufficio postale.
Da questo momento in poi i resoconti dei testimoni non sono più uniformi. Il governo dice che bande armate hanno iniziato a prendere d’assalto gli edifici pubblici uccidendo soldati, civili e forze di sicurezza indiscriminatamente. I manifestanti invece sostengono che le forze di sicurezza, rimaste intrappolate dentro agli edifici del governo, hanno chiamato in supporto l’esercito ma che molti soldati si sarebbero rifiutati di aprire il fuoco sulla folla disarmata. «Quando l’esercito non ci ha sparato, le forze di sicurezza hanno iniziato a sparare sull’esercito. A quel punto i soldati hanno risposto al fuoco sparando contro le forze di sicurezza». Centoventi soldati sono morti nello scontro a fuoco.
Molti testimoni parlano poi di un uomo che nelle ultime settimane è diventato una specie di eroe popolare. Pochi giorni dopo la battaglia di Jisr al-Shughour, in rete è iniziato a girare un video che mostrava un soldato in uniforme che annunciava la sua defezione dall’esercito mostrando la sua carta d’identità. Rintracciato da un giornalista di Time al confine con la Turchia, in un primo momento il colonnello Harmoush aveva confermato la versione dei manifestanti, e spiegato che aveva abbandonato l’esercito seguito da altri trenta soldati dopo avere assistito agli scontri del 4 giugno. Negli ultimi giorni invece la sua versione è cambiata. Intervistato dalla BBC, ha detto che non si trovava in città il giorno del massacro e che la sua defezione è avvenuta quattro giorni dopo, il 9 giugno, senza che nessun altro soldato lo seguisse.
Restano quindi molti dubbi sulla dinamica degli scontri e sulle reali entità delle defezioni avvenute nelle ultime settimane. La composizione dell’esercito siriano riflette la struttura della società e del potere. I ranghi più alti dell’esercito e dell’intelligence sono a maggioranza alauita, la stessa della famiglia del presidente Assad, che rappresenta soltanto il 10 percento della popolazione. I ranghi più bassi, e più numerosi, sono invece a maggioranza sunnita, che rappresenta il 75 percento della popolazione. Per questo gli eventi di Jisr al-Shughour hanno lasciato pensare a una possibile ribellione della componente sunnita dell’esercito, che potrebbe dare una nuova prospettiva e un nuovo slancio alla portata della rivolta.