Armani contro le banche, la moda da baraccone, e Prada
«Il problema di Prada è di restituire i soldi che le banche hanno sborsato per rendere forte la sua griffe»
Giorgio Armani ha parlato ieri con i giornalisti a margine delle sue sfilate degli abiti da uomo, e ha posto un po’ di questioni sul mondo della moda di cui è da decenni protagonista, e sulle sue dinamiche.
Ultimo giorno di sfilate con polemica. La innesca Giorgio Armani nel backstage al termine del suo show. Sulle prime sta sul vago: «Finiamola con la moda da circo che insulta gli uomini e li rende ridicoli. Io li rispetto, rinnovo senza stravolgere, quando creo penso sempre che poi gli abiti devono essere indossati, non devono servire a far spettacolo. Il nostro è un business serio».
Comincia parlando di vestiti il re della giacca e poi va oltre, scende nei particolari, si riferisce a colleghi ben precisi e non risparmia stoccate, inarrestabile parte lancia in resta, nessuno lo ferma. Soprattutto, ci tiene a sottolineare un pensiero che gli sta sullo stomaco. «È un po’ che voglio parlarne e adesso lo dico: la moda ora è in mano alle banche, alla Borsa. Non appartiene più ai proprietari, ma a chi gli sta sopra. E non riesco capire l’influenza delle banche sul nostro mestiere, è un mistero». Si riferisce a Prada che si sta per quotare sulla piazza di Hong Kong? «Io non ho debiti. Il problema di Prada invece è di restituire i soldi che le banche hanno sborsato per rendere forte la sua griffe». Ma non basta: «Ci sono mille modi per far soldi, la Borsa è uno. Io non voglio trovarmi di fronte alla porta di casa qualche manager thailandese con cui dover discutere. Da sempre sono solo, indipendente e felice di esserlo. Dipendo solo dalla mia creatività e da quella dei miei collaboratori. Non ho intenzione di imboccare una strada diversa, sarebbe una scelta rinunciataria». Armani non vende, non vuole padroni, non si vuole quotare in borsa e da tempo immemorabile combatte gli eccessi in passerella.
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