Itabolario: New Age (1987)
Massimo Arcangeli ha raccolto 150 storie dell'Italia unita, una per ogni anno: Itabolario. L'Italia unita in 150 parole (Carocci editore)
di Filippo La Porta
1987. New Age (locuz. f.)
La “nuova età” è una sensibilità che si era formata già negli anni sessanta, calamitando una serie di umori religiosi, morali, psicologici, misticheggianti, e finanche socio-politici, che annunciavano l’inizio di una nuova epoca storica e di una possibile redenzione dell’umanità (versione “positiva” della mentalità apocalittica, pure molto diffusa in quel periodo). Raggiunge il suo culmine negli anni ottanta (uno dei testi fondativi, The Aquarian Conspiracy di Marilyn Ferguson, è del 1980) e in particolare nel 1987, quando comincia ad andare in onda, negli Stati Uniti, la miniserie televisiva Out on a Limb di Shirley MacLaine (tratta dall’omonimo bestseller) e a Sedona, in Arizona, si svolge la manifestazione Harmonic Convergence di José Argüelles. Proprio nel 1987 si dice che si sia avverata una profezia dei “nativi americani” hopi: la nascita di un bisonte bianco che avrebbe dovuto portare un aumento generale del livello di consapevolezza. Nello stesso anno, mentre new age comincia a circolare anche nel nostro paese, viene firmato un trattato fra USA e URSS per l’eliminazione dei missili nucleari a media gittata e inizia il processo che porterà, due anni più tardi, al crollo del Muro di Berlino.
L’acquario torna spesso nella simbologia della new age poiché, secondo la teoria della precessione degli equinozi, il sole sta lasciando l’Età dei Pesci per entrare in quella dell’Acquario. Nella variegata genealogia del movimento troviamo di tutto: revival di impronta evangelica, società teosofiche e antroposofiche, massoni e pentecostali, George Gurdjieff e Carl Jung, l’esoterismo e la medicina olistica, gli incontri ravvicinati con gli alieni (channeling) e l’ufologia religiosa, la controcultura americana, libertaria e utopica (vedi Hair – il musical sulla protesta contro la guerra in Vietnam, divenuto film nel 1979 per la regia di Milos Forman – con la sua celebre Acquarius). Qualche anno dopo, nel 1993, papa Wojtyla ammonirà i vescovi americani contro i rischi della nuova sensibilità, tendende (insidiosamente) a sostituire “religioso” con “spirituale” e a veicolare elementi dell’antica mentalità gnostica, quali il sentimento di un Dio impersonale e il principio che la divinità è una scintilla presente in ciascuno di noi.
La convinzione di stare per entrare in un’epoca radiosa fa della new age il sogno ottimista e serissimo del postmoderno – il termine, con postmodernismo, si era affacciato in Italia intorno al 1980 –, che invece inclina a malinconia e ironia: tutto è stato già vissuto e pensato, mentre il passato si può solo parodizzare. Si potrebbe dire, maliziosamente, che nella sensibilità new age confluiscano utopie andate a male e perciò destinate ad assumere una forma vaga, misteriosofica. Certo new age e postmoderno hanno in comune il senso acuto della fine di un’epoca e di una civiltà ed entrambi sono caratterizzati da un forte sincretismo, che mescola tradizioni culturali (e sottoculturali) in modo spesso acritico. Negli anni ottanta, in Italia, molti si affannavano a spiegarci che, dopo lo scialo di cultura della crisi e di teoria critica, bisognava essere positivi e pensare positivo. Anzi, a ben vedere, già eravamo positivi…: bastava prenderne coscienza e così diventare strepitosamente leggeri, no problem ed extralight. Cito alla rinfusa: Umberto Eco e Gianni Baget Bozzo, Gianni Vattimo e Renzo Arbore, Francesco Alberoni e Italo Calvino, Massimo Cacciari – impaziente di uscire da(lla) Krisis: Feltrinelli, Milano 1976 – e l’epigono Jovanotti; non proprio adepti di una new age autarchica, ma certamente sintomi di una controtendenza. Quando abbiamo però cominciato a prenderne coscienza la Nuova Era stava già finendo; ne cominciava un’altra dai caratteri assai meno luminosi, all’interno di un inesorabile ciclo cosmico. Perché questo è il vero fatto nuovo: abbiamo scoperto che la ruota del divenire gira a velocità accresciuta e il tempo si è improvvisamente contratto, che le ere sono diventate microere, che i millenni si sono ridotti a settimane. E dunque chi, guidato dall’ansia di una rigenerazione spirituale, era salito su una montagna – il Tibet di Bertolucci e Scorsese o il Monte Cinque di Coelho, il Monte Analogo di Daumal o il Monte Baldo della Pimpa; fino alle alte vette dei libri quegli anni: di Susanna Tamaro, Michele Serra, Gianfranco Bettin – si sarebbe presto trovato scaraventato in basso.