I soldi persi dagli Stati Uniti in Iraq
Il Pentagono non riesce a capire che fine abbiano fatto molti miliardi di dollari inviati dopo l'occupazione
La settimana scorsa il Los Angeles Times aveva raccontato di come si fossero completamente perse le tracce di parte del denaro inviato dagli Stati Uniti in Iraq nel corso del 2004, il primo anno dopo l’invasione armata. Durante quell’anno l’amministrazione Bush inviò in Iraq qualcosa come venti miliardi di dollari in contanti, riempiendo molti aerei cargo: i soldi pagavano il petrolio estratto in Iraq e comprendevano anche alcuni bonus relativi al programma Oil for food promosso dalle Nazioni Unite e beni del regime precedentemente congelati.
Il denaro era destinato alla ricostruzione del Paese e ai contractors, le agenzie di sicurezza privata che affiancavano i soldati americani nel garantire la sicurezza del territorio, specie in una fase in cui il governo iracheno e le sue forze dell’ordine praticamente non esistevano ancora. Il suo trasferimento in contanti e in aereo era una misura d’emergenza, dovuta alla necessità di ripristinare immediatamente le attività dei ministeri e del governo dopo la deposizione di Saddam e tenere in vita la debolissima economia irachena. Il denaro veniva prelevato nei depositi della Federal Reserve da alcuni tir e poi portato nella base aerea del Maryland, da dove partiva verso Baghdad. Una volta in Iraq, il denaro veniva distribuito ai ministeri iracheni e ai contractors.
Di quel denaro, però, una parte si è persa. I funzionari del Pentagono e del dipartimento della Difesa hanno esaminato conti e registri per anni, cercando di rintracciare la destinazione di ogni dollaro inviato in Iraq dall’inizio della guerra, e non riescono a capire che fine abbiano fatto 6,6 miliardi di dollari. Non ci sono documenti, non ci sono tracce che spieghino chi ha ricevuto quei soldi e come li ha spesi.
Sarebbe già così una storia notevole, nonché il possibile più grande furto di denaro contante ai danni degli Stati Uniti nella loro storia. Ma la somma potrebbe essere ancora più grossa. Osama al-Najai, il presidente del Parlamento iracheno, ha detto infatti ad Al Jazeera che i soldi di cui non si hanno tracce sono in realtà 18,7 miliardi di dollari. E ha ribadito che quelli sono “soldi iracheni”, denaro che spetta all’Iraq e che quindi gli Stati Uniti dovranno versare nuovamente, anche perché – sempre secondo gli iracheni – erano gli stessi Stati Uniti i responsabili della sicurezza del denaro e del loro arrivo nelle giuste mani. Se questo non è avvenuto, il denaro dovrà essere rimborsato. «Vogliamo sapere che fine hanno fatto i soldi degli iracheni», ha detto al-Najai.
Gli Stati Uniti non ne vogliono sapere. Col debito pubblico alle stelle, il Congresso non ha alcuna intenzione di mandare altri soldi in Iraq, dove nel corso di questi anni sono stati spediti 61 miliardi di dollari per progetti legati alla ricostruzione del Paese. L’ipotesi più accreditata, per il momento, è che nel confusionario processo di trasferimento dei soldi parte di questi sia stata indebitamente sottratta da alcune agenzie di contractors.
foto: Yuri CORTEZ/AFP/Getty Images