Cosa ha fatto il governo negli ultimi tre mesi?
La Stampa fa un po' di conti: quattordici riunioni e molti provvedimenti annunciati e arenati
La Stampa fa il punto delle cose che ha fatto il governo negli ultimi tre mesi. Poche.
Un dramma che tocca un nervo scoperto come le competenze delle Regioni che devono avere voce in capitolo su tutto. Assenti Berlusconi e Bossi, che con l’aria che tira forse hanno preferito marcarsi a distanza, il Consiglio dei ministri, presieduto dal ministro più anziano Altero Matteoli, non è approdato a nulla. E dire che in questi tre mesi, malgrado la paralisi legislativa delle Camere dovuta ai numeri traballanti, il «governo del fare», come lo chiama Berlusconi, qualcosa invero lo ha fatto. Con esiti disparati.
Quattordici riunioni, una media di 65 minuti l’una, 905 minuti nel complesso e cioè 15 ore e passa di lavoro, con record di rapidità – 10 minuti il 31 maggio, 20 minuti il 19 maggio – e picchi di impegno: come le due ore e 15 minuti dedicate il 5 maggio al decreto sviluppo e al codice del turismo voluto dalla Brambilla. Il 3 marzo via al decreto legislativo sul federalismo municipale, bocciato in precedenza dalla Bicameralina e oggi fonte di lamentazioni dei sindaci d’ogni colore, leghisti in testa, alle prese con i bilanci in rosso; il 23 marzo, dopo il grido di dolore del mondo della cultura e lo sciopero dei «sipari» in molti teatri, arrivano 149 milioni per rifinanziare il Fondo Unico per lo Spettacolo, reperiti però aumentando le tasse sulla benzina, con scarso gradimento degli automobilisti. Lo stesso giorno, sempre nel decreto omnibus, spunta alla voce «taglio dei costi della politica» la norma poi ribattezzata «salva-Alemanno e Moratti» per evitare alle città con più di un milione di abitanti il taglio dei consiglieri comunali da 60 a 48: affossata due giorni dopo grazie alla moral suasion del Quirinale.