In India mancano i boia per le esecuzioni
Le condanne a morte sono molto rare e i volontari per eseguirle pochissimi
In India sono alla ricerca di un boia e trovarne uno tra gli oltre 1,2 miliardi di abitanti del paese non si sta rivelando un’impresa facile. Le esecuzioni avvengono di rado da quelle parti: l’ultima è stata nel 2004 e solitamente il presidente nei casi di condanne a morte concede la grazia. A maggio, però, a un detenuto condannato per omicidio nello stato nord-orientale di Assam è stata negata la grazia, obbligando così le autorità locali a mettersi alla ricerca di un esecutore di sentenze di condanna a morte, come raccontano Jim Yardley e Hari Kumar sul New York Times. Ma inizialmente nessuno ha risposto.
I boia che vivevano in India sono quasi tutti morti o in pensione, e dei pochi rimasti è spesso difficile ritrovarne le tracce. La pena capitale fu introdotta nel periodo coloniale britannico, che stabilì che i condannati a morte venissero impiccati. Negli ultimi decenni, il Parlamento indiano si è espresso in più occasioni per rendere questa soluzione un provvedimento estremo, da assumere solo in rarissimi casi. Sono gli stessi responsabili delle carceri a suggerire ai condannati a morte di fare appello per la grazia, aiutandoli a compilare i moduli e a seguire correttamente le trafile burocratiche.
Eppure, nel caso dell’Assam un boia era necessario. Riviste e giornali locali hanno pubblicato articoli che sembrano delle inserzioni macabre in cerca di aiuto: Grande nazione cerca qualcuno disposto a mettere un cappio intorno al collo di un assassino. Nello stato di Assam, le autorità carcerarie hanno avviato con riluttanza una ricerca. L’ultima esecuzione nell’Assam risale al 1990 e molti di quelli che parteciparono ancora se ne ricordano. «Ero molto combattuto», dice Banikanta Baruah, un secondino ora in pensione che supervisionò l’esecuzione. «Da una parte, dovevo svolgere il mio compito, eppure dall’altra, provavo commiserazione per la persona che avrei dovuto impiccare».
Non trovando qualcuno nella zona, le autorità dell’Assam hanno deciso di contattare i loro colleghi nello stato del Bengala Occidentale, dove viveva Nata Mullik, un responsabile delle esecuzioni capitali che aveva gestito la propria ultima esecuzione all’età di 87 anni. La ricerca si è però rivelata inutile, perché Nata era morto due anni fa. Quelli dell’Assam si sono allora rivolti ai colleghi dello Uttar Pradesh, ottenendo la promessa che gli avrebbero mandato qualcuno per l’esecuzione.
Nella città di Meerut nell’Uttar Pradesh vive una famiglia nota per aver avuto numerosi boia tra i propri componenti. Nel 1989, Kalu Kumar, un membro della famiglia e nipote di un esecutore, era diventato molto famoso a livello nazionale per essersi occupato dell’esecuzione di uno dei due assassini dell’ex primo ministro Indira Gandhi. Kalu è morto alcuni anni fa, ma ha tramandato la tradizione al proprio figlio Mammu Singh, che diceva di aver già portato a termine undici esecuzioni nel corso della sua carriera. Era il candidato ideale per occuparsi dell’impiccagione nell’Assam. Era, perché il 19 maggio scorso Mammu Singh è morto.
Le autorità dell’Uttar Pradesh si sono allora rivolte all’unico altro boia noto nello stato, nella città di Lucknow, ma niente da fare. Si era da poco rotto un braccio e non era quindi disposto ad accettare il lavoro. Trovare un boia sembrava impossibile, ma alla fine uno dei figli di Mammu Singh, Pawan Kumar, ha deciso di seguire le orme del padre e, a pochi giorni dalla sua morte, ha fatto domanda per diventare boia dicendo di «Voler continuare la tradizione di famiglia. Appartengo alla quarta generazione. Non vedo molti volontari farsi avanti. È un modo di servire il mio paese».
Non si diventa ricchi facendo l’esecutore di sentenze a morte in India. La paga è relativamente bassa a causa dello scarso numero di esecuzioni, ma garantisce tuttavia un rimborso mensile intorno ai 75 dollari. C’è la possibilità che la paga possa aumentare nel corso dei prossimi anni: stando alle ultime statistiche disponibili, quelle del 2008, in India ci sono almeno 345 persone nel braccio della morte. Per molte di queste arriverà la grazia, ma non è escluso che per altri si riveli necessario il servizio di un boia. C’è di sicuro un’altra esecuzione in vista quest’anno nel Punjab, anche se le associazioni contro la pena di morte stanno facendo forti pressioni per la grazia, e da poco uno dei terroristi degli attacchi del 2009 a Mumbai è stato condannato a morte, con una sentenza accolta molto positivamente dalla popolazione.
La richiesta di Pawan Kumar per ottenere il patentino da responsabile dell’esecuzione delle sentenze capitali sarà accelerata, dicono le autorità locali, per consentire allo stato di Assam di portare a termine quanto prima l’esecuzione. Il processo burocratico potrebbe comunque richiedere del tempo, offrendo ai legali del condannato a morte qualche spiraglio legale. Gli avvocati hanno presentato una mozione di emergenza in tribunale, sostenendo che il loro assistito sta subendo un trattamento crudele perché in attesa da anni dell’esecuzione.
Mahendra Nath Das, l’uomo dell’Assam che aspetta l’esecuzione, fu condannato nel 1997, e nel 1998 la Corte Suprema confermò la sentenza. La prima richiesta di grazia fu inviata dai suoi avvocati al presidente nel 1999 e di presidenti ne sono passati tre prima che arrivasse risposta, negativa, lo scorso mese. «Gli era stata data la pena capitale, non 14 anni di prigionia. Negli ultimi 12 anni lo avete praticamente ucciso ogni giorno» ha spiegato Arup Chandra Borbora, uno dei suoi avvocati. Il tribunale ha accolto la mozione, e gli avvocati potranno dimostrare la loro tesi il prossimo 17 giugno. Nel frattempo, Kumar avrà il suo primo colloquio per il nuovo lavoro, ma non è detto che inizierà la carriera con una impiccagione nell’Assam.