Amina non esisteva
La storia della ragazza omosessuale di Damasco è stata inventata di sana pianta da una coppia in Scozia
La storia di Amina, la blogger siriana omosessuale che si diceva fosse stata rapita lo scorso martedì, era fasulla, come si sospettava da qualche giorno. Le notizie sul blog della “Gay Girl” di Damasco erano scritte in realtà da Tom MacMaster, un americano di 40 anni che studia per un master alla Edinburgh School e che da tempo si occupa di Medio Oriente. In un post pubblicato domenica, MacMaster ha ammesso di essere «il solo e unico autore» della storia inventata di Amina Abdallah Araf al Omari.
Il Guardian ha provato a contattare l’autore del blog e la moglie di MacMaster ha confermato la versione del marito, cosa che sembra mettere una fine alla storia che ha attirato l’attenzione dei media per oltre un mese e che avevamo seguito anche sul Post. Il blog “A Gay Girl in Damascus” era stato aperto lo scorso febbraio, con l’intento di spiegare online che cosa significasse «essere una lesbica qui» in Siria. I post raccontavano la vita di Amina, il suo impegno civile, le proteste contro il regime e le fughe dagli agenti per evitare di essere arrestata.
Il 6 giugno scorso sul blog era poi stato pubblicato un post a firma di Rania O Ismail, una cugina della blogger, che spiegava ai lettori del blog che la Gay Girl era stata rapita da alcuni uomini armati nelle strade di Damasco. La notizia era stata ripresa da molti mezzi di informazione e aveva dato il via a una campagna online per chiedere la sua liberazione. Le notizie erano però confuse e i sospetti che si potesse trattare di una storia fasulla iniziarono ad aumentare sensibilmente, specie tra gli stessi attivisti siriani.
Negli ultimi giorni giornalisti e blogger si erano dati da fare per studiare le email inviate da Amina, scoprendo che provenivano da computer nella zona di Edimburgo e non dalla Siria. La stessa foto di Amina Arraf diffusa online era in realtà di un’altra persona e le foto della Siria pubblicate dalla blogger erano identiche a quelle messe online tempo fa dalla moglie di MacMaster. I due hanno così deciso di venire allo scoperto, dicendo di aver creato il blog per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni di vita in Siria e di essere certi di non aver fatto del male a nessuno nell’inventarsi questa storia.
L’invenzione di MacMaster non è piaciuta per nulla ai tanti attivisti che ogni giorno rischiano la loro libertà per raccontare su blog e social network che cosa accade in Siria. «Quello che lei ha fatto ha danneggiato molti, ci ha messo tutti in pericolo e ci dà nuove preoccupazioni per il nostro attivismo per le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender» ha scritto indignato Sami Hamwi, l’autore di GayMiddleEast.com che aveva seguito la vicenda di Amina. Molti altri blogger e attivisti non hanno risparmiato critiche nei confronti di MacMaster e del suo gesto, ritenuto irresponsabile.