Chi era Mauro De Mauro
E perché ieri i giudici della Corte d'Assise di Palermo hanno assolto Totò Riina dall'accusa di averlo rapito
I giudici della Corte d’Assise di Palermo hanno assolto ieri Totò Riina dall’accusa di essere il mandante del rapimento di Mauro De Mauro, giornalista del quotidiano della sera palermitano L’Ora, avvenuto nel settembre 1970. I giudici hanno deciso dopo oltre dieci ore di camera di consiglio e hanno ritenuto insufficienti le prove a carico di Riina. L’accusa, sostenuta dal procuratore aggiunto Antonino Ingroia e da Sergio Demontis, aveva chiesto il carcere a vita per il boss mafioso, in prigione dal 1993 e già condannato a numerosi ergastoli. Ingroia ha annunciato di voler ricorrere in appello.
Chi era Mauro De Mauro
Mauro De Mauro era nato a Foggia nel 1921. Era il fratello maggiore di Tullio De Mauro (nato nel 1932), celebre linguista e ministro della Pubblica Istruzione tra il 2000 e il 2001, durante il secondo governo Amato. In gioventù aveva aderito con convinzione al fascismo: dopo l’8 settembre 1943 si era arruolato nella X MAS, il corpo militare repubblichino comandato da Junio Valerio Borghese che arrivò a contare trentamila uomini, e aveva lavorato a La Cambusa, il giornale dell’Ufficio Stampa e Propaganda della formazione militare. Per il suo lavoro di giornalista della X MAS aveva viaggiato di frequente per tutto il territorio della Repubblica Sociale.
Assolto nel 1948 dalle accuse di collaborazionismo, De Mauro si trasferì con la famiglia a Palermo dopo la seconda guerra mondiale e lavorò per diversi quotidiani siciliani come Il Tempo di Sicilia e Il Mattino di Sicilia prima di arrivare a L’Ora. Il quotidiano della sera, vicino al partito comunista e molto combattivo, era celebre per le sue inchieste e le sue battaglie: De Mauro aveva collaborato anche ad alcune celebri inchieste sulla mafia palermitana. Nel 1962 si era occupato della morte del presidente dell’ENI Enrico Mattei, ucciso il 27 ottobre 1962 nell’esplosione in volo, presso Pavia, dell’aereo partito da Catania che lo stava riportando a Milano. De Mauro stava lavorando proprio sulla vicenda nel periodo della sua scomparsa, perché il regista Francesco Rosi lo aveva incaricato di svolgere qualche ulteriore indagine per il suo film Il caso Mattei, poi uscito nel 1972.
Il giornalista era stato trasferito da qualche tempo dalla redazione di cronaca a quella sportiva, con una decisione su cui in seguito furono avanzati diversi interrogativi. La sera del 16 settembre 1970, sua figlia Franca, in compagnia di Salvo, il suo fidanzato, che doveva sposare due giorni dopo, stava rientrando a casa in una zona residenziale di Palermo, in viale delle Magnolie 58. Vide fermarsi dall’altra parte della strada la BMW di suo padre. Entrò nell’androne per chiamare l’ascensore e rimase a parlare con il suo ragazzo, ma poco dopo arrivarono tre uomini che iniziarono a parlare con De Mauro e con i quali lui si allontanò usando la sua auto. Fu ritrovata poco tempo dopo nel centro di Palermo, ma di Mauro De Mauro non si saprà più nulla.
Le indagini e il processo
Il processo che si è concluso ieri era iniziato nel 2006 e aveva come unico imputato Totò Riina. Le indagini si erano riaperte molto tempo dopo i fatti, quando un pubblico ministero di Pavia, Vincenzo Calìa, riprese in mano il fascicolo del caso Mattei sull’onda delle dichiarazioni di pentiti come Tommaso Buscetta e Gaspare Mutolo.
Le prime ricerche erano finite nel nulla e non avevano mai portato ad un processo. Poco prima della sua scomparsa, De Mauro aveva parlato al telefono con un collega, Vincenzo Galluzzo, e aveva detto che era appena arrivato ad alcuni risultati importanti nell’inchiesta di cui si stava occupando, ma non aveva voluto specificare di che cosa si trattasse. Le indagini dei carabinieri e della polizia iniziarono a concentrarsi sulle verità scomode che avrebbe potuto scoprire il giornalista. Le piste che emersero nel tempo furono sostanzialmente tre: De Mauro avrebbe potuto ottenere qualche nuova rivelazione sul caso Mattei, oppure essere venuto a sapere qualcosa del futuro golpe Borghese (il fallito colpo di stato tentato nel dicembre 1970), grazie ai suoi contatti con l’ex comandante della X MAS; infine, come hanno suggerito numerosi pentiti tra cui Tommaso Buscetta, la sua scomparsa potrebbe essere stata decisa dalla mafia a causa del suo coinvolgimento in diverse inchieste giornalistiche sulla criminalità organizzata.
Intorno al caso De Mauro, come ha sottolineato con molta forza la requisitoria del pubblico ministero Ingroia al processo concluso ieri, si sono concentrati negli anni molti sospetti di depistaggi e di coinvolgimento dei servizi segreti. A questo proposito, la corte d’Assise ha deciso che nei confronti di quattro persone che hanno deposto nel processo si apra in futuro un’altra inchiesta per falsa testimonianza: tra questi c’è anche l’ex funzionario del SISDE Bruno Contrada, attualmente in carcere per una condanna a dieci anni per concorso esterno in associazione mafiosa.