I piani della Germania per rinunciare al nucleare
Le centrali saranno spente entro il 2022 e l'Economist si chiede come Angela Merkel riuscirà a mantenere la promessa
Lunedì prossimo si terrà una riunione del governo tedesco per discutere i provvedimenti da prendere per rendere la Germania completamente autonoma dall’energia nucleare di qui al 2022. Già mercoledì prossimo inizierà la discussione delle leggi nella camera bassa del parlamento tedesco, mentre il voto finale è previsto entro fine giugno. Dopo l’incidente nucleare di Fukushima e la crescente pressione dell’opinione pubblica tedesca, Angela Merkel aveva ordinato la chiusura dei sette reattori più vecchi attivi in Germania. Un altro reattore era spento per manutenzione: tutti gli otto impianti rimarranno da ora in poi inattivi. I restanti nove reattori nucleari tedeschi verranno spenti tra il 2015 e il 2022.
Come nota l’Economist, la decisione segna un brusco cambio nelle politiche energetiche del governo Merkel, che solo un anno fa aveva sospeso un piano, vecchio di dieci anni, per rinunciare gradualmente all’energia nucleare entro il 2022. Il cambio di direzione iniziato dopo Fukushima si è concluso pochi giorni fa, quando Merkel ha promesso che la Germania sarà «la prima grande nazione industriale a passare all’energia rinnovabile e ad alta efficienza, con tutte le opportunità che questo offre».
Il passaggio non sarà indolore, ma secondo l’Economist non è né così rivoluzionario né così azzardato come annuncia il governo e temono le industrie. La Germania produce più energia di quanto consuma e il suo mercato garantisce prezzi che rimarranno bassi anche per i prossimi anni. La rinuncia al nucleare era da tempo nei piani: negli ultimi dieci anni la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili come sole e vento è cresciuta dal 6,6 al 16,5% del fabbisogno nazionale, mentre la quota del nucleare, nello stesso periodo, è gradualmente diminuita dal 30 al 23% all’inizio di quest’anno.
Passare alle rinnovabili, prodotte soprattutto negli impianti eolici del nord del paese, richiederà però un enorme sforzo di costruzione di infrastrutture per trasportare l’energia ai centri industriali dell’ovest e del sud, e anche gli enormi piloni dell’alta tensione incontrano spesso una forte opposizione da parte delle comunità locali. La chiusura delle centrali nucleari, d’altra parte, non può essere compensata bruciando gas o carbone, se non emettendo 370 milioni di tonnellate di anidride carbonica in più nell’atmosfera: l’ambizioso programma tedesco di ridurre del 40% le emissioni di gas serra tra il 1990 e il 2020 dovrà probabilmente essere messo da parte. Infine, contare di più su fonti di energia variabili come il vento e il sole accresce il rischio di instabilità delle riserve energetiche; la chiusura dei sette impianti nucleari, con la loro energia affidabile ed economica, ha fatto emergere diverse preoccupazioni nell’unione tedesca degli industriali.
Dietro la mossa del primo ministro tedesco c’è anche, molto probabilmente, un calcolo politico. La sua CDU è uscita male dalle elezioni statali di maggio a Brema, risultando il terzo partito dopo i socialdemocratici e i verdi: lo spostamento verso politiche più ecologiste potrebbe aiutare il partito di governo nelle prossime elezioni federali, previste per il 2013.
foto: AP Photo/dapd, Thomas Lohnes