Chi paga la sconfitta del PdL a Milano
Linkiesta fa il punto della situazione sulla resa dei conti, che vede al centro il presidente della provincia Podestà
La responsabilità delle sconfitte del PdL a Milano e in Lombardia cadrà soprattutto sulle spalle di Guido Podestà, scrive Paola Bacchiddu, ma anche i dirigenti nazionali provenienti da AN (e i loro candidati milanesi) hanno molto deluso.
Dopo le lacrime del sindaco uscente Moratti – ieri il passaggio di consegne a Palazzo Marino al nuovo primo cittadino, Giuliano Pisapia – è tempo non solo di bilanci. Qualcuno nel Pdl lo chiama “il momento della resa dei conti”, che è assai più simile a un regolamento, che non a una riflessione produttiva. Sotto la lente della sconfitta, giganteggia il nuovo coordinatore lombardo Mantovani (senatore ed ex sottosegretario ai Trasporti, nonché sindaco di Arconate, comune a trenta chilometri da Milano) che aveva sostituito nell’incarico, qualche mese fa, Guido Podestà, presidente di Provincia.
Podestà, rapidamente scivolato dagli onori agli “oneri”, nel paniere di Berlusconi. Qualcuno maligna che a lui sia imputabile parte del terremoto che attraversa il partito. Al Cavaliere non era andata giù la sua inerzia, questo inverno, nella raccolta di firme ai gazebo per ingrassare il partito a Milano, in vista delle elezioni. L’affare Sara Giudice non ha fatto altro che precipitare le cose. Quando la ex pidiellina aveva iniziato la sua campagna per raccogliere firme nella petizione contro la Minetti, Podestà non si era certo speso per fermarla. Immobilismo pagato caro. Il 25 gennaio scorso una telefonata lo aveva “dimissionato”.
All’epoca le cronache ufficiose descrivevano un premier irritatissimo anche per la mancanza di scudo nella vicenda sollevata dai radicali sulle firme false, a sostegno del listino di Roberto Formigoni, alle ultime regionali. Dopo il siluramento da coordinatore lombardo, il presidente della Provincia aveva dichiarato: «Mi sono dimesso perché ho troppe cose a cui pensare. Bisogna rendersi conto che c’è un limite temporale per mantenere più incarichi. Milano andrà al voto e non sarà una passeggiata. Anche le Province di Mantova, Pavia e Varese e altri 250 Comuni andranno alle urne».