Se scompare uno stato
L'Economist si chiede che cosa succederà quando l'innalzamento dei mari minaccerà l'esistenza di alcuni stati in mezzo all'oceano
Il livello del mare è cresciuto di circa venti centimetri nell’ultimo secolo, e nel 2100 potrebbe essere aumentato di altri cinquanta o sessanta centimetri rispetto ad oggi. Questo innalzamento potrebbe mettere a rischio la stessa esistenza di alcuni stati come Kiribati, una trentina di atolli nell’Oceano Pacifico, o le Maldive, il paese con l’altezza media sul livello del mare più bassa del mondo: meno di un metro per più dell’80 percento del territorio nazionale. Anche senza essere completamente sommersi, questi paesi potrebbero diventare inabitabili a causa delle infiltrazioni saline nelle riserve di acqua dolce e perché il territorio ristretto diventerebbe indifendibile dalle onde.
L’Economist si occupa delle implicazioni legali, tutt’altro che chiare, della scomparsa del territorio di uno stato. Senza territorio non esiste lo stato, secondo alcune definizioni, perché verrebbe a mancare una delle condizioni fondamentali insieme a una popolazione permanente e alla capacità di mantenere rapporti con le altre entità nazionali. Secondo un’altra ipotesi giuridica, invece, gli abitanti di un’isola che viene sommersa potrebbero mantenere i loro diritti anche migrando in un altro paese o unendosi a un altro stato. Secondo Jenny Grote Stoutenburg della Columbia High School, un’isola che minaccia di scomparire potrebbe mantenere (e abitare) una struttura artificiale galleggiante per poter continuare a esercitare i suoi diritti di stato.
Non si tratta solo di un’ipotesi scolastica: i problemi sono destinati a presentarsi per quanto riguarda lo sfruttamento di riserve minerarie o ittiche. Attualmente, intorno a un paese costiero si estendono le acque territoriali per 12 miglia nautiche dalla costa, una zona economica esclusiva per 200 miglia e la possibilità di avanzare diritti sulla piattaforma continentale per 350 miglia (un miglio nautico equivale a 1852 metri). Quando la costa arretra, si pone la questione se anche le linee delle diverse zone marittime si debbano modificare, oppure restino quelle stabilite in passato con accordi internazionali.
Un altro campo in cui si pongono questioni simili sono alcune dispute di confine. Poiché gli accordi stabiliscono che solamente le isole possano stabilire le aree marittime (zona economica esclusiva, acque territoriali e così via), e non gli scogli o i luoghi «che non possono sostenere insediamenti umani o autonoma vita economica», il Giappone e la Cina si litigano il controllo dell’area intorno a un atollo disabitato 1800 chilometri a sud di Tokyo, che il Giappone chiama Okinotorishima (isola di Okonotori), mentre la Cina la reputa solamente una roccia. La zona è strategica e le acque intorno a Okinotori, qualunque cosa sia, sono molto ricche di petrolio.
foto: AP Photo/Peter Enav