La morte di José Claudio Ribeiro da Silva
Lottava contro il disboscamento della foresta amazzonica, sei mesi fa disse che sarebbe stato ucciso
Sei mesi fa José Claudio Ribeiro da Silva aveva detto che sarebbe stato ucciso da un momento all’altro. Martedì il suo corpo è stato ritrovato insieme a quello della moglie Maria do Espirito Santo vicino alla loro casa di Nova Ipixuna, in Brasile. La coppia lottava da anni contro i traffici illeciti di legname nella foresta amazzonica. La loro attività consisteva principalmente nell’ostacolare le attività delle aziende che tagliavano alberi illegalmente bloccando i loro camion e denunciandoli alle autorità.
Il quotidiano brasiliano Diario do Parà scrive che la polizia aveva sempre negato qualsiasi forma di protezione alla famiglia Da Silva nonostante le loro richieste. La ricostruzione dell’omicidio non è ancora del tutto chiara, ma sembra che si sia trattato di un’imboscata. Durante il suo discorso al Ted di Manaus dello scorso novembre, Da Silva aveva parlato molto esplicitamente della sua paura di essere ucciso.
«Oggi sono qui a parlare con voi, ma tra un mese potreste leggere che sono scomparso. Proteggerò le foreste a ogni costo. È questo il motivo per cui mi potrei beccare una pallottola in testa in qualsiasi momento, perché denuncio i taglialegna e loro pensano che io non possa esistere. Le persone mi chiedono se ho paura. Sì, certo, sono un essere umano. Ma la mia paura non mi fa restare in silenzio. Finché potrò camminare continuerò a denunciare chi danneggia la foresta».
La storia di José Claudio Ribeiro da Silva ricorda molto da vicino quella di Chico Mendes, l’ambientalista brasiliano che fu ucciso nel 1988. Il giornalista brasiliano Felipe Mendez ha raccontato l’ultima conversazione telefonica avuta con la moglie di Da Silva: «Mi disse che la situazione stava diventando molto brutta, sapevano che le minacce erano reali. Avevano paura». Nel 2008 Da Silva era stato inserito nella lista degli ambientalisti brasiliani più a rischio.