In Yemen si mette male
Continuano le proteste e gli scontri violenti tra governo e forze tribali, si rischia l'inizio di una guerra civile
Diverse forti esplosioni hanno scosso ieri la capitale dello Yemen, Sanaa, mentre la battaglia dei manifestanti antigovernativi per ribaltare il regime di Ali Abdullah Saleh rischia di trasformarsi in una guerra civile. Molti residenti nella capitale, racconta Al Jazeera, hanno parlato ai giornalisti della presenza continua di sparatorie ed esplosioni in diverse zone della città. I combattimenti arrivano dopo mesi di incertezza politica in Yemen e dopo che qualche giorno fa il presidente Saleh si è nuovamente rifiutato di sottoscrivere un accordo con l’opposizione.
I protagonisti degli scontri sono le forze militari fedeli al governo e quelle invece che fanno riferimento all’influente leader tribale Sadiq al-Ahmar, che nelle scorse settimane si era espresso più volte per una risoluzione pacifica della questione. A Sanaa, i combattenti di Al-Ahmar hanno attaccato il ministero degli interni e altri edifici governativi. L’aeroporto della capitale è stato chiuso a seguito degli scontri. Varie testimonianze confermano poi che gli scontri non riguardano solo la capitale ma anche altre città: nella regione di Arhab, a circa 30 chilometri da Sanaa, la guardia presidenziale e i combattenti tribali sarebbero venuti a contatto: il governo ha detto che gli scontri hanno portato alla morte di sei soldati, senza dare informazioni sulle eventuali vittime dell’altro fronte. Da lunedì le persone morte negli scontri sono 44.
Gli Stati Uniti hanno ordinato a tutto il loro personale diplomatico non essenziale e ai dipendenti della loro ambasciata a Sanaa di lasciare immediatamente il paese. Secondo il dipartimento di stato “le minacce alla sicurezza in Yemen sono estremamente alte a causa delle rivolte e delle attività dei terroristi. C’è in corso una grande rivolta civile con vaste proteste nelle maggiori città del paese”.
Nel frattempo continuano le manifestazioni per chiedere a Saleh di dimettersi: l’ultima si è tenuta mercoledì e se domani, come ogni venerdì da molte settimane a questa parte, i manifestanti dovessero tornare per le strade, c’è il rischio di nuovi scontri violenti tra questi e la guardia presidenziale.
foto: AP Photo/Hani Mohammed