La complicata storia di DSK
Le cose da sapere per capire lo psicodramma che ha sequestrato i media francesi
Ieri Dominique Strauss-Kahn è stato ufficialmente incriminato dalla giuria di New York, ma verrà rilasciato dopo aver pagato una cauzione di un milione di dollari. L’ormai ex capo del Fondo Monetario Internazionale rimane comunque obbligato a risiedere a New York e ad avere la sorveglianza di una guardia armata (a sue spese), oltre ad un braccialetto elettronico antievasione. La sua storia sta occupando spazi enormi sui media francesi e sostanziosi anche su quelli americani: in Francia sembra in corso una specie di psicodramma nazionale, a vedere le homepage e i giornali. In Italia l’interesse è disegualmente distribuito tra gli addetti alla politica internazionale e la stragrande parte delle persone che non sapevano niente di DSK – come lo chiamano in Francia – e niente ne avrebbero saputo fino alla sua prevista candidatura alle prossime presidenziali francesi.
Chi è DSK
Dominique Strauss-Kahn (si pronuncia stroscàn) ha 62 anni ed è nato il 25 aprile 1949 in un sobborgo di Parigi, Neully-sur-Seine, da due genitori di origini ebraiche. Suo padre Gilbert era un avvocato e un membro della più grande e antica organizzazione massonica francese, il Grande Oriente di Francia; sua madre, Jacqueline Fellus, era una giornalista di origini tunisine. DSK ha fatto studi economici e giuridici in alcune delle migliori scuole francesi, tra cui l’École des Hautes Études Commerciales (HEC) parigina e la celebre facoltà di Sciences Po, dove oggi è professore ordinario di macroeconomia.
La sua attività politica si è svolta per un breve periodo nel partito comunista francese, ma dalla metà degli anni Settanta entrò a far parte del Partito Socialista e si avvicinò a Lionel Jospin, che diventò segretario del partito nel 1981 quando Mitterrand venne eletto presidente della repubblica, una storica vittoria per i socialisti francesi. DSK entra in parlamento per la prima volta, come deputato, nel 1986, e cinque anni più tardi gli viene affidato il suo primo incarico di governo, quello di Ministro dell’Industria e del Commercio.
Alle elezioni legislative del 1993, però, il Partito Socialista subisce una sconfitta pesante alle elezioni e anche DSK non viene rieletto. Ma ha uno studio legale privato, concorre all’elezione di segretario del PS (e perde) e le sue conoscenze negli ambienti economici ed industriali francesi lo fanno diventare vicepresidente del “Cercle de l’industrie”, che riunisce molti dirigenti delle grandi società francesi per creare un gruppo di pressione sulle istituzioni europee di Bruxelles, in difesa degli interessi dell’industria francese. Nel 1995 diventa sindaco della cittadina di Sarcelles, circa 15 km a nord di Parigi.
Nel 1997 il suo “padrino” politico, Lionel Jospin, diventa primo ministro e lo nomina ministro dell’Economia. Per la Francia è un momento importante: i conti pubblici devono essere messi in ordine per entrare a far parte dell’euro; si avvia un processo di massicce privatizzazioni di diverse grandi aziende statali per adeguarsi alle leggi europee sulla concorrenza; viene approvata una importante riforma del mercato del lavoro, che abbassa il limite massimo di ore lavorative settimanali dalle 39 precedenti a 35, in cambio di una maggiore flessibilità di orario. In tutti questi processi DSK svolge un ruolo di primo piano, a volte con qualche attrito con i colleghi di governo come il ministro del lavoro Martine Aubry. Una serie di inchieste sul suo passato di avvocato d’affari e alcuni scandali che coinvolgono il mondo finanziario francese lo costringono alle dimissioni nel novembre del 1999. Nell’arco di pochi mesi tutte le inchieste si concluderanno nel nulla.
Nel 2002 la situazione politica francese cambia di nuovo: Jacques Chirac è diventato presidente della repubblica e la maggioranza parlamentare è dell’UMP, il partito di centrodestra da cui proviene l’attuale presidente Sarkozy. DSK ha un ruolo di primo piano nell’opposizione e guida una corrente “di destra” del Partito Socialista. Va incontro a qualche sconfitta: si impegna in prima persona perché la Francia voti “sì” al referendum sulla Costituzione Europea (vincerà il “no” con il 54%) e perde malamente le primarie del partito, contro Ségolène Royal, per il ruolo di candidato del PS alle presidenziali successive. Nel settembre 2007, sostenuto tra gli altri da Romano Prodi e dal neopresidente francese Nicolas Sarkozy, Dominique Strauss-Kahn è nominato direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, la carica da cui si è dimesso mercoledì.
Il suo ruolo politico, fino a ieri
Strauss-Kahn è uno degli uomini politici divenuti di primo piano durante gli anni Novanta, gli anni d’oro del socialismo francese con la presidenza Mitterrand. Dopo la vittoria di Sarkozy, la nomina a capo del FMI fu considerata come una vittoria della diplomazia francese ed europea e come una “pensione dorata” in attesa di tempi migliori per il partito socialista: la vicinanza alle maggiori autorità internazionali e le attestazioni di stima per il suo operato al FMI contribuivano ad aumentare il suo prestigio in patria e ad accreditarlo come uno statista apprezzato. Un’analisi di Le Monde parla del Fondo Monetario Internazionale come di un organismo in piena crisi di credibilità e finanziaria nel 2007, e di come la direzione di DSK l’abbia riportato in pochi anni a essere «nuovamente utile».
Forte di questi successi, fino a domenica DSK era in testa ai sondaggi per diventare il candidato socialista alle elezioni presidenziali del 2012 e, dato il costante calo di consensi di Sarkozy negli ultimi mesi, sembrava anche realistica una sua vittoria. I sondaggi gli attribuivano più del 60% dei consensi in un ipotetico secondo turno contro il presidente in carica. Marine Le Pen – leader della destra del Front National – aveva già iniziato a rivolgersi a lui come all’avversario principale, mentre gli altri candidati all’interno del PS (come l’attuale segretario generale Aubry, l’ex ministro del lavoro) avevano finora evitato lo scontro frontale. Le critiche “da sinistra” alle sue visioni politiche riguardavano la sua vicinanza ai gruppi industriali francesi e alla finanza internazionale, e il suo operato eccessivamente liberista da ministro. Qualche settimana fa gli era arrivato un attacco anche per il suo stile di vita, dopo una foto che lo ritraeva mentre saliva sulla Porsche di un amico. Nonostante tutto, e malgrado un passato in cui Strauss-Kahn si era dimostrato un uomo poco capace di creare un largo consenso elettorale e in cui era uscito sconfitto dalle elezioni in più di un’occasione, questa volta l’elettorato di sinistra francese sembrava poterlo scegliere come suo candidato preferito.
Ma la situazione, in pochi giorni, è cambiata radicalmente. All’indomani dell’arresto, l’attuale sindaco uscente di Parigi, Bertrand Delanoë, ha dichiarato di non escludere di candidarsi alle prossime primarie socialiste, e le varie correnti all’interno del partito socialista sono in grande movimento. Ci sono infatti diverse altre personalità del PS che intendono partecipare alla corsa, e in particolare due, che fino a quattro anni fa erano una coppia: Ségolène Royal, che negli ultimi tre anni ha visto discendere parecchio la sua influenza nel partito, e l’ex compagno di lei ed ex segretario François Hollande. La corrente maggioritaria, che fa capo all’attuale segretario del PS e sindaco di Lille Martine Aubry, era arrivata a una sorta di compromesso con DSK e i suoi sostenitori, in cui entrambe le parti promettevano di sostenere il candidato che avesse vinto le primarie. Gli eventuali candidati, però, avrebbero dovuto mantenere il silenzio sulle loro volontà di concorrere fino alla fine del mandato di Strauss-Kahn al FMI: lo scandalo ha fatto saltare l’agenda e ha invitato a esporsi prima del tempo gli altri politici che finora si erano rassegnati al silenzio, come Delanoë, nonostante l’appello alla “decenza” e all’unità del segretario Aubry. La presentazione delle candidature era in programma al congresso nazionale del prossimo 28 giugno, con le primarie previste per il prossimo ottobre: e secondo Le Monde, ora che DSK è quasi sicuramente uscito di scena, saranno «primarie vere».
E Sarkozy? Nell’immediato, il governo in carica teme che lo scandalo influisca negativamente sull’immagine internazionale della Francia, e la destra ha adottato con pochissime eccezioni (tra cui il deputato dell’UMP Bernard Debré, che ha parlato di DSK come di un «uomo poco raccomandabile») la linea del silenzio e della misura. Diversi ministri al governo hanno detto che la prima vittima è la credibilità del paese. A partire dal 26 maggio la Francia ospiterà il vertice del G8, e l’instabilità del FMI potrebbe essere un argine in meno alla speculazione finanziaria nei confronti della Grecia, un paese per cui DSK si era speso molto a favore degli aiuti economici europei. E anche se nell’immediato lo scandalo potrebbe dare un po’ di ossigeno a Sarkozy nei sondaggi, scrive Libération, dalle primarie socialiste potrebbe uscire un candidato più “di rottura” rispetto a DSK e quindi ancora più temibile per il presidente in carica.
Che cosa è successo a Manhattan
La versione dell’accusa dei fatti di sabato è nota. Dominique Strauss-Kahn si trovava nella sua camera al lussuoso albergo Sofitel di Manhattan, a New York. Una cameriera (stando alle ultime indagini giornalistiche ancora un po’ precarie verrebbe dalla Guinea, si chiamerebbe Nafissatou Diallo e avrebbe 32 anni, ma nei giorni scorsi sono state date informazioni molto diverse e discordanti sulla sua identità e nazionalità) sarebbe entrata intorno alle 13 nella stanza 2806, al 28esimo piano, per la pulizia della camera; il direttore del FMI, ancora versione dell’accusa, è uscito nudo dal bagno e l’ha violentata nonostante la sua resistenza. Ha lasciato poco dopo l’albergo, dimenticandosi in camera il telefono cellulare. Secondo la difesa, invece, DSK ha lasciato la stanza verso mezzogiorno, ha pranzato con la figlia e ha poi preso un taxi per andare all’aeroporto, dove aveva un volo prenotato da tempo. Di certo la polizia lo ha arrestato all’aeroporto JFK di New York pochi minuti prima che si imbarcasse per l’Europa e lo ha portato nel carcere di Rikers Island.
Le reazioni
La notizia ha avuto grandissimo risalto sulla stampa francese: dopo diversi giorni, le homepage dei maggiori quotidiani francesi continuano a dedicare la notizia principale a DSK e ospitano decine di analisi, previsioni e retroscena (venerdì 20 maggio il sito di Libération parla ancora solo di questo). I principali quotidiani non sembrano sbilanciarsi troppo sul fronte colpevolista o innocentista (un sondaggio CSA pubblicato mercoledì dice che il 57% dei francesi crede in un complotto), ma inevitabilmente sono rispuntate le varie accuse di molestie che in passato hanno coinvolto DSK, più alcune emerse negli ultimi giorni; le varie teorie del complotto – circolate immediatamente – ricevono oggi poco spazio. I giornali francesi ospitano poi diverse analisi di intellettuali che dimostrano una grande attitudine all’introspezione e alla filosofia, anche a proposito di vicende così “concrete”: ricordiamo, su Libération, le opinioni del filosofo Marc Crepon («DSK, o il carattere dell’intera vita umana») e dello scrittore Percy Kemp («Un’antica e buona soluzione: il potere agli eunuchi»), ma titoli ugualmente speculativi sono anche su Le Monde e Le Figaro: sul primo appare «Una misteriosa autodistruzione», l’analisi di uno psichiatra che insinua la possibilità per DSK di un inconscio desiderio di mettere fine alla propria “epopea” con un gesto tragico e grandioso; nel corso dell’articolo si fa di sfuggita anche un parallelo con Zidane.
Questa è una raccolta delle prime pagine dei quotidiani francesi nei giorni successivi all’arresto.
Il modo francese di presentare le notizie intorno allo scandalo sembra però non essere molto apprezzato dalla stampa anglosassone e intorno allo scandalo è riemersa una antica diffidenza culturale tra Francia e Stati Uniti (ma anche tra Europa latina e paesi anglosassoni), alimentata in parte da pregiudizi e in parte dalle effettive differenze. Le Figaro elenca diverse prese di posizione di quotidiani in lingua inglese che criticano duramente il silenzio e le omissioni nel raccontare i guai passati e presenti di Strauss-Kahn. Il New York Times allude addirittura alla corte del re di Francia come origine della tradizione di tacere le notizie scomode che riguardano la vita privata dei potenti. A Londra il Guardian e il Times dicono che tutti sapevano da tempo, a Parigi, che DSK avesse un problema con le donne, ma che si è preferito non parlarne, mentre altri giornali anglosassoni citano le leggi francesi in difesa della vita privata dei cittadini, particolarmente restrittive, e dicono di sperare che si apra ora una nuova era nell’informazione francese, in cui anche i vizi più personali dei personaggi pubblici vengano resi noti e «discussi».
Il Washington Post ha anche ricordato che la selva di reporter e telecamere presenti quando DSK è stato trasferito dalla prigione al tribunale (la cosiddetta perp walk) non avrebbe mai potuto esserci in Francia, dopo le nuove leggi del 2000 che proibiscono di ritrarre un accusato in manette. La stampa francese ha infatti criticato quelle immagini, dicendo che fanno apparire l’imputato colpevole prima del processo; un funzionario pubblico francese le ha definite “difficili da sopportare” e “umilianti”. Il commento del sindaco di New York Michael Bloomberg, riportato dal Washington Post, ha avuto un approccio assai meno garantista: «Se non vuoi la perp walk, non commettere il crimine». Bloomberg si è corretto rapidamente.
La moglie e il filosofo
Dominique Strauss-Kahn è sposato in terze nozze, dal 1991, con la giornalista televisiva franco-americana Anne Sinclair. Alla fine degli anni Ottanta, quando i due si sono conosciuti, Sinclair era una nota giornalista di TF1, la prima rete nazionale, e teneva un programma settimanale di approfondimento politico molto seguito, 7 sur 7. Nel breve comunicato con cui annuncia le sue dimissioni dal FMI, il primo pensiero è dedicato alla moglie, «che amo più di ogni altra cosa»: da parte sua, lei ha proclamato da subito la sua assoluta fiducia nel marito e la convinzione che se ne dimostrerà l’innocenza. All’udienza di giovedì sera si è presentata in tribunale, a New York.
Non è stata l’unica a schierarsi apertamente dalla parte di DSK, all’indomani dell’arresto. Uno dei più celebri filosofi francesi contemporanei, Bernard-Henri Lévy (di cui ricordiamo anche le iniziative in difesa del regista Roman Polanski) ha difeso apertamente DSK, di cui è amico da vent’anni, e ha avanzato dubbi sulla possibilità che una cameriera potesse entrare da sola nella camera di «uno degli uomini più sorvegliati del pianeta». Nell’intervento, pubblicato dal Daily Beast e da molti giornali europei, Lévy dice di non riconoscere DSK nel ritratto che ne fanno i media in questi giorni. Se la prende apertamente con «i tabloid di New York, una disgrazia per la professione», ma anche con tutti i commentatori che in Francia hanno «gioito» alla notizia, fino alla madre di Tristane Banon, la donna che domenica sera ha dichiarato alla stampa che sua figlia aveva subito violenza da parte di DSK nel 2002, senza mai denunciare il fatto alla polizia. L’articolo di Lévy si conclude preannunciando tempi bui per la Francia, per l’Europa e per il mondo intero, e difendendo senza mezze misure l’operato di DSK come direttore del Fondo Monetario Internazionale. L’intervento del filosofo ha causato diverse reazioni sia ironiche che stizzite, tra cui quella dell’Economist, che in uno dei suoi blog ha commentato con un articolo dall’eloquente titolo «Questi intellettuali francesi terribilmente intelligenti».