Ancora scontri in Uganda
Ieri a Kampala si è insediato per la quinta volta consecutiva il presidente Yoweri Museveni
Cinque persone sono rimaste uccise ieri negli scontri tra polizia e manifestanti antigovernativi a Kampala, capitale dell’Uganda, nel giorno dell’insediamento per un nuovo mandato del presidente Yoweri Museveni. Spiega Al Jazeera che i manifestanti avrebbero tirato delle pietre alle automobili che portavano alla cerimonia i capi di Stato e di governo di altri paesi africani, e la polizia avrebbe risposto aprendo il fuoco. Quelli di questi giorni non sono i primi scontri violenti dalle elezioni dello scorso febbraio: alla fine di aprile altre due persone sono rimaste uccise negli scontri seguiti all’ennesimo arresto del leader dell’opposizione, Kizza Besigye, fermato per la quarta volta in un mese dopo essere stato duramente picchiato per le sue proteste contro l’aumento dei prezzi di benzina e cibo. Le immagini del suo arresto sono state trasmesse dalla televisione ugandese e hanno scatenato la protesta dei suoi sostenitori. Besigye è tornato in Uganda ieri, dopo essere stato in Kenya per farsi curare le ferite subite dalla polizia.
L’ennesima elezione di Museveni è stata molto contestata. Il presidente dell’Uganda è stato rieletto per la quinta volta consecutiva lo scorso febbraio, nonostante nel 2001 avesse promesso di ritirarsi dalla politica. Stando ai risultati ufficiali, Museveni avrebbe ottenuto il 68 per cento dei voti mentre Besigye si sarebbe fermato al 26. L’opposizione però sostiene che i risultati sono stati falsificati e che in realtà entrambi i candidati si sarebbero fermati prima del 50 per cento dei voti, rendendo necessario un ballottaggio. Besigye nelle ultime settimane ha più volte invitato i suoi sostenitori a scendere in piazza e manifestare contro il governo, sul modello di quanto accaduto in questi mesi in gran parte del Nordafrica e del Medio Oriente. Museveni per questa ragione ha accusato l’opposizione di voler fare precipitare il paese nel caos e ha minacciato di modificare la Costituzione così da impedire il rilascio su cauzione delle persone arrestate per aver preso parte alle rivolte. Lo scorso febbraio, interpellato su come le forze di sicurezza avrebbero affrontato eventuali violenze, Museveni era stato lapidario. “Beh, è molto semplice: li chiuderò in carcere”.
L’Uganda ha ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1962: da quel momento è stata scossa dalla guerra civile e governata di volta in volta da crudeli despoti, prima che Museveni prendesse il potere dopo cinque anni di guerriglia. Sia Museveni che Besigye, infatti, hanno combattuto nell’Esercito di liberazione nazionale e al termine di una guerriglia di cinque anni hanno deposto il precedente dittatore, Tito Okello. Durante il suo primo mandato, dal 1996 al 2001, Museveni si è guadagnato rispetto nazionale e internazionale per aver migliorato le condizioni economiche dell’Uganda e per aver stabilizzato un paese in preda al caos. Ha inoltre realizzato un’efficace campagna di lotta all’AIDS e si è impegnato per migliorare la condizione delle donne, nominando proprio una donna come sua vicepresidente. A partire dal secondo mandato, però, la sua presidenza ha avuto una svolta repressiva e autoritaria. Nel 2005 Museveni ha fatto approvare una legge che abolisce il numero massimo di mandati previsti per la carica di Presidente della Repubblica, consentendogli di ricandidarsi potenzialmente all’infinito.