Adesso il Pakistan è un problema
Ieri i media pakistani hanno rivelato il nome del capo della CIA ad Abbottabad
Ieri sera i media pakistani hanno rivelato il nome di un uomo che sostengono essere il capo della sede della CIA a Islamabad, la capitale del Paese. Gli Stati Uniti si chiedono se anche questa mossa non abbia a che fare col governo pakistano e col suo nervosismo all’indomani del blitz che ha ucciso Osama bin Laden ad Abbottabad. È la seconda volta negli ultimi sei mesi che un funzionario della CIA in Pakistan viene esposto e il suo nome pubblicizzato all’opinione pubblica, mettendo a rischio la sicurezza delle sue operazioni e la sua incolumità (la Associated Press, comunque, dice che hanno diffuso un nome sbagliato). L’intera storia è raccontata dal Wall Street Journal, che spiega che né la CIA né l’ISI, l’agenzia di intelligence del governo pakistano, hanno commentato la faccenda. E aggiunge che l’episodio mostra fino a che punto sono diventati problematici i rapporti tra Stati Uniti e Pakistan.
Il punto è che il blitz che ha ucciso bin Laden, con i molti sospetti riguardo l’esistenza di una rete di sostegno al leader di Al Qaida in Pakistan, e la decisione degli Stati Uniti di non anticipare niente al Pakistan per il timore che qualcuno nel governo pakistano potesse aiutare bin Laden, non sono stati che la scintilla. Dal 2001 a oggi gli Stati Uniti hanno dato al Pakistan miliardi di dollari in aiuti economici, per incentivare il governo ad adottare politiche di repressione del terrorismo. È noto però che all’interno dell’ISI e del governo ci sono persone che lavorano con Al Qaida e con il gruppo terrorista Haqqani, suo affiliato: non è nota l’estensione di queste collaborazioni ma nel corso dei mesi i crescenti sospetti statunitensi sulla lealtà del governo pakistano hanno innervosito le due parti.
Il capo della CIA a Islamabad, inoltre, ha la responsabilità di alcune delle più delicate operazioni statunitensi dell’area: compresi gli attacchi compiuti con i droni ai danni di Al Qaida e dei talebani al confine con l’Afghanistan, operazioni militari di cui l’amministrazione Obama ha fatto largo uso in questi mesi e che certo non hanno fatto piacere al governo pakistano. Senza contare che il capo dell’intelligence pakistana, il generale Ahmad Shuja Pasha, è stato tirato in mezzo in un processo che si tiene negli Stati Uniti riguardo gli attentati terroristici di Mumbai del 2008.
Un altro motivo di nervosismo, adesso, è rappresentato dalle tre mogli di bin Laden oggi sotto custodia della polizia pakistana. Gli Stati Uniti hanno chiesto di poterle interrogare, il Pakistan fino a questo momento avrebbe fatto spallucce. Oggi dovremmo assistere a una nuova puntata della storia. Il premier pakistano Yusuf Raza Gilani dovrebbe rivolgere un discorso alla nazione, scrive il Telegraph, nel quale cercherà di riparare all'”umiliazione” subita nei giorni scorso prendendo una posizione aggressiva nei confronti degli Stati Uniti, dicendo che “non avrebbero dovuto bypassare il Pakistan” e che il suo paese “difenderà il suo spazio aereo con ogni mezzo disponibile”.
Ieri il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha commentato così i rapporti degli Stati Uniti col Pakistan e il problema del Pakistan col terrorismo, intervistato dal programma 60 Minutes.
Pensiamo che in Pakistan ci sia stata una qualche rete di sostegno per bin Laden. Non sappiamo in cosa consisteva né chi ne faceva parte. Non sappiamo se coinvolgeva persone dentro il governo o persone fuori dal governo: è qualcosa su cui indagheremo e su cui, soprattutto, il governo pakistano deve indagare. Noi glielo abbiamo detto, loro hanno fatto capire di essere profondamente interessati a capire che genere di sostegno bin Laden aveva nel paese. Ma queste non sono domande a cui si può rispondere in tre o quattro giorni. Servirà del tempo per lavorare sulle informazioni che abbiamo ottenuto sul campo.
foto: Chip Somodevilla/Getty Images