Le compagnie floreali tentano di imbrogliare Google?
Secondo il New York Times alcune aziende pagherebbero per ottenere link ai loro siti
Domani è la festa della mamma, e negli Stati Uniti milioni di figli regaleranno milioni di fiori. Naturalmente è possibile che per farlo utilizzino internet, rivolgendosi a una delle grandi aziende del settore, come Florists’ Transworld Delivery (FTD), Teleflora, 1800Flowers.com e ProFlowers.
La concorrenza è agguerrita e, secondo il New York Times, le aziende utilizzano anche metodi sleali per avere la meglio su Internet. Google funziona essenzialmente attribuendo posizioni più alte ai siti più linkati, e diversi servizi floreali a domicilio pagherebbero altri siti per mettere link diretti a loro. Ottenere link pagando va contro il regolamento del motore di ricerca, che punisce le compagnie che barano penalizzandole nelle pagine dei risultati anche per settimane di fila. Un esempio recente è il caso della catena di grandi magazzini J. C. Penney, che a febbraio scorso è stata “punita” da Google dopo che venne accertato che aveva comprato dozzine di link ai suoi siti.
Il New York Times ha consegnato pochi giorni fa al motore di ricerca una lista di circa 6.000 link alle aziende floreali che sono stati aggiunti in diversi siti nell’arco dell’ultimo scorso mese. Google ha dichiarato che effettivamente le aziende hanno provato a barare, ma che i suoi sistemi di controllo hanno impedito che i link influissero significativamente sui risultati. Pare che Google non intenda sanzionare le compagnie floreali che, da parte loro, non hanno rilasciato al giornale americano alcun commento oppure hanno negato di aver compiuto violazioni dei regolamenti del motore di ricerca.
Google, però, potrebbe non trovare conveniente punire le grandi compagnie del settore, perché se queste uscissero dai primissimi risultati (quelli che vengono cliccati nella stragrande maggioranza delle ricerche) i clienti potrebbero non riuscire a trovare quello che cercano domani, e rivolgersi ad altri motori di ricerca come Bing.
I siti di cui si servirebbero compagnie come FTD e Teleflora si occupano di vari argomenti, dalle assicurazioni al mercato immobiliare: solitamente non hanno neppure molto traffico, ma il New York Times è riuscita a intervistare una persona che, sotto la condizione dell’anonimato, ha ammesso di aver ricevuto 30 dollari al mese per inserire un link alla FTD sul suo blog personale. Non è chiaro quale sia l’incidenza effettiva delle “campagne acquisti” di link sulle visite complessive ai siti delle aziende, che comunque negli ultimi mesi hanno registrato un aumento degli accessi.
foto: Oli Scarff/Getty Images