Aveva ragione la CISL
Pietro Ichino, iscritto alla CGIL da 41 anni, sintetizza così gli ultimi sessant'anni di storia dei sindacati italiani
Oggi il Corriere della Sera pubblica una lettera di Pietro Ichino, giuslavorista e senatore del Partito Democratico, a commento e recensione di un libro di Guido Baglioni uscito per il Mulino, La lunga marcia della CISL. Ichino ripercorre tutti i maggiori scontri tra CISL e CGIL degli ultimi sessant’anni e conclude – senza alcun compiacimento, sottolinea, visto che della CGIL è stato dirigente ed è tutt’ora iscritto – che avevano ragione quegli altri.
Caro direttore, i dirigenti della Cgil, e della Fiom in particolare, che un giorno sì e uno no accusano la Cisl di tradimento farebbero bene a leggere il libro di Guido Baglioni La lunga marcia della Cisl, fresco di stampa per i tipi del Mulino. È una lettura che aiuta ad accantonare le polemiche contingenti e a guardare i fatti dell’oggi alla luce di quelle di ieri e dell’altro ieri. Non solo la Cgil, ma anche l’intera sinistra politica italiana, se riconsidera serenamente questa storia, deve riconoscere che, negli ultimi sessant’anni, nei casi di più netta contrapposizione fra il blocco Cgil-sinistra e la Cisl, era per lo più quest’ultima ad avere ragione (non lo nota con compiacimento uno che, come chi scrive, ha lavorato nella Cgil per 10 anni e vi è iscritto da 41).
Non sto dicendo che il sindacalismo Cisl sia esente da difetti: ne ha almeno altrettanti quanti ne hanno gli altri. Sto dicendo soltanto che occorre riconoscere alla Cisl di avere visto giusto su alcune questioni cruciali, sulle quali la Cgil ha registrato invece un rilevante ritardo. Per cominciare, aveva ragione la Cisl quando, nella prima metà degli anni 50, predicava la necessità di aprire una stagione di contrattazione collettiva dentro le aziende; la Cgil in un primo tempo vi si oppose, difendendo il livello unico nazionale di contrattazione, ma dovette cambiare idea dopo la sconfitta durissima del 1955 nelle elezioni per le commissioni interne della Fiat e di altre grandi aziende del Nord. Aveva ragione la Cisl degli anni 70 che rivendicava il riconoscimento del lavoro a tempo parziale, mentre la Cgil lo osteggiava sostenendo che esso avrebbe determinato una «ghettizzazione» delle donne nei luoghi di lavoro (quando, nel 1984, si arrivò a questo riconoscimento, esso avvenne con l’opposizione della Cgil e il voto contrario del Pci in Parlamento). Aveva ragione la Cisl quando, con la Uil, nel 1984 firmò il «patto di S. Valentino» ispirato al progetto di Ezio Tarantelli per il superamento della vecchia «scala mobile» (indicizzazione delle retribuzioni) e avevano torto il Pci e la Cgil che contro il decreto attuativo di quel patto promossero il referendum, perdendolo l’anno dopo. Aveva ragione la Cisl quando, con la Uil, avvertiva che la legge Biagi, odiatissima dalla Cgil e dalla sinistra, non era affatto la «causa del precariato»: tant’è vero che la sinistra stessa, quando è stata al governo, ha utilizzato proprio quella legge per combattere gli abusi. Avevano ancora ragione le stesse Cisl e Uil quando hanno firmato gli accordi alla Fiat di Pomigliano e di Mirafiori con Sergio Marchionne, se è vero che ora alla Bertone di Grugliasco anche i rappresentanti della Fiom-Cgil hanno dato indicazione ai lavoratori di votare «sì» sullo stesso piano industriale per evitare la chiusura dello stabilimento.