Tre cose sulla morte di bin Laden
L'esistenza di foto e video dell'operazione, gli hard disk sequestrati nell'edificio, la complicata posizione del Pakistan
La morte di bin Laden, e le circostanze in cui è avvenuta, sono un evento di portata tale da coinvolgere e condizionare decine di aspetti e questioni diverse: la diffusione del terrorismo nel mondo, la politica interna degli Stati Uniti, le relazioni internazionali, gli orientamenti dell’opinione pubblica mondiale, l’atteggiamento dei mezzi di informazione. Ieri al Post abbiamo scritto molto di Osama bin Laden, dell’operazione che lo ha ucciso, della sua storia e dei suoi sviluppi. Ci sono tre cose che meritano di essere dette, a integrazione di quel racconto. Altre, probabilmente, verranno nei prossimi giorni.
Esistono foto e video del blitz?
Sì, esistono. Operazioni complesse come quella che ha portato all’uccisione di Osama bin Laden vengono registrate grazie alle telecamere poste sugli elmetti dei soldati che vi partecipano. Sappiamo che Barack Obama e i vertici del governo americano hanno seguito l’evolversi dell’operazione dalla Sala emergenze della Casa Bianca. John Brennan, consigliere antiterrorismo dell’amministrazione Obama, ha detto che non è ancora stata presa una decisione sulla diffusione di fotografie e video a prova della morte di bin Laden: esiste il rischio che possano generare ulteriore rabbia tra i terroristi e compromettere la sicurezza dei soldati americani in Afghanistan. Le foto sarebbero piuttosto cruente, dato che bin Laden è stato colpito alla testa. Sempre ieri, l’Associated Press ha citato due funzionari del Pentagono secondo cui il video del funerale di Osama bin Laden e forse anche le foto del suo cadavere potrebbero essere diffuse in tempi brevi.
L’hard disk di Osama bin Laden
Al termine del blitz, le forze speciali hanno setacciato l’edificio che ospitava bin Laden, sequestrando parecchio materiale, soprattutto informatico. Sono stati sequestrati computer portatili, dispositivi elettronici e hard disk. «Puoi immaginare cosa c’è nell’hard disk di Osama bin Laden?», ha detto dietro garanzia dell’anonimato un funzionario del Pentagono a Politico. Tutto il materiale sta venendo esaminato dagli analisti statunitensi in una località segreta dell’Afghanistan. «Centinaia di persone stanno scorrendo tutto: sarebbe eccezionale anche ottenere soltanto il dieci per cento delle informazioni contenute in quel materiale».
Cosa sapeva il Pakistan di bin Laden?
Fin dall’11 settembre le autorità pakistane hanno fatto una sorta di doppio gioco. La posizione del governo è sempre stata severa contro i terroristi e determinata a lavorare insieme agli Stati Uniti. E nonostante questo è noto che pezzi del governo pakistano – soprattutto dell’esercito – lavorano più o meno segretamente per il gruppo Haqqani e per Al Qaida. Il fatto che Osama bin Laden sia stato trovato non in una caverna al confine tra Afghanistan e Pakistan, come si pensava, ma in una cittadina a pochi chilometri dalla capitale Islamabad, dentro un edificio grande nove volte tutti quelli circostanti, legittima le domande su se e cosa sapesse il governo del Pakistan. Anche alla luce del fatto che le autorità statunitensi hanno deciso di non informarlo del blitz. John Brennan, consigliere antiterrorismo della Casa Bianca, ha detto ieri che gli Stati Uniti stanno ancora investigando su chi e quanto sapesse del nascondiglio di bin Laden. Ma ha aggiunto: «L’idea che bin Laden vivesse lì per lunghi periodi senza una rete di sostegno nel paese è inconcepibile». Bisognerà vedere quanto è estesa, questa rete di sostegno, e quanto in alto arriva. In ogni caso i rapporti tra Stati Uniti e Pakistan sono piuttosto nervosi. La settimana scorsa il capo di stato maggiore, l’ammiraglio Mike Mullen, si trovava in visita in Pakistan: durante una conferenza stampa ha accusato pubblicamente l’esercito pakistano di sostenere il gruppo Haqqani.
foto: Mark Wilson/Getty Images