Il boss invisibile dei narcos messicani
Roberto Saviano su Repubblica spiega chi è El Chapo, e perché ce ne dovremmo preoccupare
Sul Post raccontiamo spesso del Messico e di quello che ogni giorno succede per colpa della guerra tra i cartelli della droga. Oggi, su Repubblica, Roberto Saviano spiega chi è El Chapo, il superboss dei narcos messicani, e perché quello che fa ci riguarda molto da vicino.
Nulla si può comprendere del nostro tempo, del capitalismo moderno e di quello che sarà, se non si fissa in volto il Messico, attualmente la più importante narcodemocrazia del mondo. Raccontare del Messico spesso è impossibile. Proibito. Uccisi, torturati, decapitati per aver fatto il loro lavoro: così finiscono molti giornalisti che lì decidono di occuparsi di narcotraffico. Fare il giornalista in Messico è un mestiere pericoloso, forse il più pericoloso che si possa scegliere di fare in quella terra. Lo sa bene il giornalista statunitense Malcolm Beith che, al tempo delle ricerche nel Sinaloa, una notte vede arrivare al suo motel un gruppo di giovani armati, li sente entrare nella camera di fianco e decide di dormire in bagno, cosa che, forse ingenuamente, lo fa sentire più sicuro. Se sparano verso il letto direttamente da fuori la porta, avrà pensato, almeno mi salvo dormendo in vasca. Beith va in Messico con un unico obiettivo: raccontare del Numero Uno. Dell’uomo che ha cambiato il destino di quel Paese, responsabile di una quantità enorme di omicidi: El Chapo. Il narco che è riuscito a rendere il Messico il centro da cui si irradia il mercato mondiale della coca.
Figlio di un gomero, un coltivatore di papavero da oppio, il piccolo Chapo – soprannome che significa “basso e tarchiato” – cresce in un remoto angolo di Messico dove la droga sembra l’unica via per uscire dalla povertà. Non ha ancora vent’anni quando le crescenti richieste di stupefacenti dell’America post-Vietnam fanno diventare il Sinaloa un centro nevralgico del mercato che dalla Colombia raggiunge gli Stati Uniti passando per il Messico. I colombiani, all’inizio, pagano i messicani per il trasporto della merce. Poi questi ultimi chiedono come pagamento una parte del carico. Così i cartelli messicani diventano più potenti dei colombiani che restano meri produttori. In quegli anni, El Chapo impara il mestiere dal migliore di tutti: Miguel Angel Félix Gallardo, conosciuto come El Padrino.
L’efficienza, l’affidabilità, la voglia di riscatto fanno di El Chapo un allievo perfetto, tanto che sarà proprio lui a sostituire il Padrino quando verrà arrestato. Perché da lui ha imparato molto, inflessibilità ed efferatezza, ma soprattutto come si sopravvive nel narcotraffico: mai ostentare, mai dare nell’occhio. Solo così si può diventare davvero grandi. E El Chapo lo diventa grazie alla creazione di una rete di corruzione senza precedenti: ha appoggi in politica, nella polizia e nell’esercito. Uno stuolo di sicari al suo servizio e un ristretto gruppo di uomini di fiducia. Il suo impero della droga diventa il più grande del Messico e lui uno degli uomini più ricchi del mondo, tanto che la rivista Forbes lo ha inserito nella famosa Billionaires’List e tra le persone più potenti del mondo. Dopo Barack Obama, Rupert Murdoch e Bill Gates, El Chapo si aggiudica il quarantunesimo posto.