Marrakech, il giorno dopo
Una giornalista del Post è a Marrakech, la città del Marocco colpita ieri da un attentato terroristico
di Elena Favilli
L’insegna si vede ancora da lontano, appena entri nella piazza. È l’unica cosa rimasta del caffè Argana, nell’angolo a nord di Jamaa el Fna. La bomba ha distrutto completamente il primo piano, quello con la terrazza in cui si va per bere i succhi d’arancia e guardare il tramonto. Non se l’aspettavano a Marrakech un attentato così violento, a dire il vero non si aspettavano nessun attentato. E per diverse ore non ci hanno voluto credere, continuavano a dire tutti che era stato un incidente. Una bombola del gas, poi due, poi quattro. Finché non è stato più possibile negare: troppi chiodi e pezzi di ferro ritrovati nei corpi delle vittime.
Marrakesh è una città sicura, ti dicono tutti appena arrivi qui. È una specie di fissazione quando incontrano un europeo. Se sei una donna poi le premure sono ancora maggiori: ti devono assolutamente convincere che a Marrakech puoi stare tranquilla, che non è come negli altri paesi arabi. Io a Jama El Fna c’ero stata il giorno prima. È la piazza principale della città, il centro della medina, su cui converge tutta la vita dei suk. Il caffè Argana era lì, pieno di gente come tutti i giorni. È uno dei più belli, segnalato dalla Lonely Planet come una delle cose da non perdere della città. Per questo non ci volevano credere, e sono rimasti aggrappati alle transenne della polizia in mezzo alla piazza per tutta la sera, cercando di capire.
Quelli che erano lì quando è esplosa la bomba raccontano di avere visto i corpi sbalzati fuori in mezzo alla piazza. Si sono riversati in massa verso il caffè per cercare di capire quello che era successo e la calca ha rallentato l’intervento delle ambulanze. Diciassette persone sono morte, ventitré sono in ospedale ferite gravemente. Le loro identità non sono ancora state comunicate ufficialmente, ma si parla di marocchini, francesi, russi, olandesi, svizzeri, tunisini e britannici. La dinamica dell’attentato non è ancora del tutto chiara ma uno dei sopravvissuti ha detto di avere visto un uomo che è entrato, ha ordinato un succo d’arancia al bar e poi se n’è andato lasciando una valigia, che poi sarebbe esplosa pochi minuti dopo. Durante la conferenza stampa di ieri il ministro degli Interni si è limitato a confermare che è stato un attentato terroristico. Dalle prime informazioni trapelate dalla polizia sembra che ad agire possano essere state due persone.
L’attentato di ieri è il quarto in Marocco dal 2003, quando una catena di esplosioni a Casablanca uccise quarantacinque persone. Il Marocco è stato uno dei paesi nordafricani meno toccati dalle proteste degli ultimi mesi, anche se la settimana scorsa migliaia di persone sono tornate in piazza in tutte le principali città del paese per chiedere maggiori riforme democratiche e maggiori diritti. Poco dopo l’esplosione di ieri alcune centinaia di persone si sono radunate davanti al cordone della polizia nella piazza per protestare contro l’integralismo. Hanno paura che episodi come questo possano rallentare il percorso di apertura e modernizzazione del paese.