Il triste inno del Perù
Si discute della possibilità di cambiare un inno nazionale considerato deprimente e vittimista
Il Perù sta pensando di cambiare il testo del suo inno nazionale “Somos libres, seámoslo siempre” (Siamo liberi, siamolo sempre). Il testo infatti viene considerato troppo deprimente da molti cittadini e da alcuni esponenti delle autorità, che vorrebbero sostituirlo con una versione più ottimista e trionfante. In particolare la prima strofa descrive con insistenza la situazione di inferiorità e sfruttamento a cui era sottoposto il popolo peruviano sotto il regime spagnolo:
Per molto tempo il peruviano oppresso
trascinò l’infausta catena;
condannato a una crudele schiavitù
per molto tempo gemette in silenzio.
Il principale sostenitore di una modifica all’inno è Julio Cesar Rivera, un revisore dei conti del governo in pensione, che lo ha definito “troppo negativo”. Secondo Rivera il testo “danneggia l’autostima delle persone e alimenta un complesso di inferiorità. Incoraggia il conformismo, l’indifferenza e l’apatia, e siamo già abbastanza remissivi”. Rivera, che ha 69 anni, ha pubblicato due libri sull’argomento e un CD in cui il tenore peruviano Antonio Maldonado canta una nuova versione dell’inno che si apre con un verso idilliaco: “Viviamo felici, in pace, abbiamo pari diritti e libertà”. Il prossimo mese Rivera esporrà la sua tesi a un gruppo di studiosi e membri del congresso presso il Collegio degli avvocati di Lima. Ovviamente non tutti sono d’accordo con lui. Molti apprezzano gli ultimi versi dell’inno che dipingono in modo eroico la guerra di indipendenza contro la Spagna. Altri sostengono che la descrizione della sofferenza iniziale è fondamentale per far risaltare la vittoria descritta alla fine dell’inno.
L’inno è stato adottato nel 1821 in seguito a un concorso pubblico bandito dal generale José de San Martin, dopo aver ottenuto l’indipendenza dalla Spagna. Le parole sono del giurista peruviano José de la Torre Ugarte e la musica è di José Bernardo Alcedo, il più importante compositore peruviano del XIX secolo. Non è la prima volta che si dibatte sull’opportunità di fare delle modifiche. Nel 1959 il compositore Chabuca Granda propose di una versione più eroica del primo verso ma il suo tentativo venne ignorato. Nel 2009 il governo stabilì che nelle cerimonie ufficiali la prima strofa sarebbe stata sostituita con la sesta, considerata un po’ meno cupa. Nel corso degli anni vennero fatte altre proposte di modifiche più radicali, senza mai arrivare a una decisione definitiva. Secondo Rivera, questa volta potrebbe essere diverso: negli ultimi anni il Perù ha conosciuto un boom economico e i suoi abitanti si sentono più ottimisti verso il futuro e meno disposti verso un atteggiamento malinconico e vittimista.