“Occhio per occhio non è una regola”
Eugenio Occorsio commenta su Repubblica la scarcerazione dell'uomo che uccise suo padre
Pier Luigi Concutelli, ex terrorista di estrema destra, è stato scarcerato pochi giorni fa. Responsabile dell’omicidio del sostituto procuratore Vittorio Occorsio, nel 1976, era stato condannato a tre ergastoli per quello e per altri omicidi. Pochi giorni fa, dopo aver scontato 34 anni di prigione, gli è stata riconosciuta la sospensione della pena per gravi ragioni di salute: nel 2009, infatti, è stato colpito da un’ischemia cerebrale che da allora gli impedisce di parlare e alimentarsi autonomamente. C’è stato il solito giro di polemiche che emerge in situazioni del genere, a cui hanno partecipato anche alcuni familiari di Vittorio Occorsio. Suo nipote, che ha 23 anni e si chiama Vittorio anche lui, ha detto che a Concutelli avrebbe «dato la pena di morte». Oggi gli risponde suo padre Eugenio, figlio del Vittorio Occorsio ucciso nel 1976, su Repubblica.
Quando arrivano notizie come quella della liberazione di Concutelli, nella mente si scatena un turbine di emozioni spesso difficilmente controllabili e che solo l’esperienza degli anni permette di affrontare. Una su tutte: il dolore, che si ripropone lancinante e intollerabile. E può sfociare nella rabbia. In una reazione altrettanto irrazionale come il comportamento che l’ha generata. Così succede che mio figlio, Vittorio come il nonno, 23 anni, si abbandoni sulla scia dello sconcerto ad espressioni improvvide e insensate, come addirittura l’invocazione della pena di morte per Concutelli. E invece proprio qui deve emergere la differenza fra chi è membro di una società civile, ed è orgoglioso di esserlo, e chi invece ha scelto di starne ai margini come i terroristi. E siccome Vittorio junior è un ragazzo sensato e che riflette sulle cose, ho ricominciato subito a spiegarglielo, perché nella nostra famiglia non devono esistere animosità e spirito di violenza. Occhio per occhio non è una regola, è l’opposto delle regole. Bisogna sempre impostare la risposta ai crimini anche più odiosi e assurdi entro i limiti della Costituzione, delle leggi, delle norme, che se fatte rispettare sono più che sufficienti a comminare punizioni giuste e mai eccessive, nulla che sappia di vendetta. Il tutto in un cammino di civiltà che non deve conoscere deviazioni.
Nel nostro caso, non siamo stati abbandonati dallo Stato, non gli si poteva chiedere di più. Dal primo momento, da quella sciagurata mattina in cui ho sentito gli spari e sono sceso precipitosamente dalle scale per vedere mio padre morirmi sotto gli occhi, la magistratura e le forze di polizia hanno preso in mano la situazione con decisione, e con puntiglio e coraggio sono arrivati al colpevole. Anche l’epilogo, con la liberazione dell’omicida, non è inaccettabile: siamo di fronte ad un uomo, a quanto pare plurinfartuato o qualcosa del genere, che si è fatto più di trent’anni di carcere. Cos’altro doveva accadere? La grandezza dello Stato, la tenuta delle istituzioni democratiche, si misura anche dalla capacità di non infierire inutilmente sui colpevoli.