Milano secondo il New York Times
Fa abbastanza schifo, e si salvano dei negozi ignoti alla redazione del Post
Guy Trebay, giornalista del New York Times che si occupa di “moda, cultura e stile”, ha scritto sabato per la sezione viaggi del quotidiano una sua raccolta di consigli per chi visita Milano, a cui ha premesso un’opinione piuttosto drastica sulla città, per quanto il titolo del pezzo sia “Come mi sono innamorato di Milano“.
Trebay condivide i difetti noti della città – tempo schifoso in ogni stagione, weekend desolati con i milanesi che fuggono – e ci aggiunge un suo giudizio sulla scarsa creatività proprio sul terreno della moda, di cui Milano va tanto orgogliosa. Ricordando come quando scrisse cose critiche in questo senso, ci furono polemiche vivaci sui giornali, attacchi sul Corriere della Sera e altre ritorsioni, a dimostrazione del livello di interessi della stampa italiana.
Ora però è passata, dice Trebay e “io e Milano abbiamo fatto pace”.
Non è che Milano sia cambiata. Resta una città vacua, superficialmente pigra e distante, un posto i cui abitanti – come disse una volta un amico americano che ci aveva vissuto per anni – a volte sono così indifferenti da far sembrare i parigini un party di Benvenuto. Ma come capita in certe relazioni in cui le emozioni crescono intorno all’abitudine, me ne sono innamorato.
Trebay elenca quindi gli indirizzi di negozi che suggerisce al turista americano, ed è un utile guida al turista americano più che a Milano:
– il cartolaio Pettinaroli in Galleria
– i guanti di Sermoneta
– l’abbigliamento vintage di Vintage Delirium
– i mobili e il design di Rossana Orlandi in via Matteo Bandello
– l’outlet di Corso Como 10 in via Tazzoli
– il coltellaio Lorenzi in via Montenapoleone
– la gastronomia di Peck
– l’Hotel Cavour in via Fatebenefratelli
– le librerie Feltrinelli
– le camicie di AD56 (dove si compra le camicie Lapo Elkann, è specificato), in via Fatebenefratelli
Fatte opportune verifiche nella redazione del Post, è risultato che dei suddetti luoghi era familiare solo la libreria Feltrinelli; che ci sono contatti occasionali – nei giorni successivi al 27 – con Peck e che il direttore conosce Rossana Orlandi e Corso Como 10 (ma non è mai stato all’outlet). Ma se volete sapere dove trovare degli americani, la lista è questa.