Obama, Cameron e Sarkozy sulla Libia
I tre leader spiegano sui giornali che «Gheddafi se ne deve andare una volta per tutte»
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, il primo ministro britannico, David Cameron, e il presidente francese, Nicolas Sarkozy, hanno pubblicato un articolo comune sul Figaro, il Times di Londra, l’International Herald Tribune e il giornale Al Hayat per spiegare le ragioni dell’intervento militare in Libia e per illustrare la loro strategia per la pacificazione del paese.
Non dobbiamo dimenticare mai le ragioni che hanno obbligato la comunità internazionale ad agire. Quando la Libia è andata nel caos con il colonnello Muammar Gheddafi che ha iniziato ad attaccare la propria stessa gente, la Lega Araba ha chiesto che si agisse. L’opposizione libica ha chiesto aiuto. E la popolazione della Libia ha guardato al mondo nel momento del bisogno. Con una risoluzione storica, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha autorizzato tutte le misure necessarie per proteggere la popolazione della Libia dagli attacchi che stava subendo. Rispondendo con immediatezza, i nostri paesi, insieme con la coalizione internazionale, hanno arrestato l’avanzata delle forze di Gheddafi e hanno impedito lo spargimento di sangue che Gheddafi si era ripromesso di infliggere ai cittadini della città di Bengasi.
Secondo i tre leader, l’azione militare ha permesso fino a ora di proteggere decine di migliaia di civili, ma i problemi sul campo dovuti alla dura reazione di Gheddafi rimangono con città bombardate dalle forze del regime o sotto un duro assedio come nel caso di Misurata. In tutto questo, si legge nell’articolo, le prove delle misteriose scomparse di alcuni civili e degli abusi sulla popolazione continuano ad aumentare ogni giorno.
Obama, Cameron e Sarkozy ricordano poi di aver mandato le forze militari in Libia per proteggere la popolazione e non per rimuovere Gheddafi con la forza, in piena linea con la risoluzione dell’ONU che ha autorizzato l’intervento. Il problema, spiegano, è che con Gheddafi al potere il paese potrà essere difficilmente pacificato. «È impensabile che qualcuno che ha provato a massacrare la propria stessa gente possa avere un ruolo nel prossimo governo.»
La Libia ha di fronte a sé una strada verso la pace, ma servono atti concreti e non semplici parole perché questo percorso possa essere intrapreso efficacemente. I tre leader parlano di un futuro senza Gheddafi che preservi comunque la sovranità del paese, un nuovo ciclo economico con nuovi accordi commerciali e un piano per la sicurezza della popolazione. Ma fino a quando il colonnello sarà al potere, la NATO non potrà fermare le operazioni militari.
Solo dopo potrà esserci una transizione dalla dittatura all’inizio di un processo per la costruzione di una nuova costituzione, guidato da una nuova generazione di leader. Perché questa transizione abbia successo, Gheddafi deve andarsene e una volta per tutte. A questo punto, le Nazioni Unite e i suoi componenti dovrebbero aiutare la popolazione libica nella ricostruzione di ciò che Gheddafi ha distrutto: riparare case, ospedali, ripristinare i servizi basilari e assistere i libici nello sviluppo di una società più aperta e benestante.