Lo tsunami era prevedibile?
Non in modo esatto, ma un geologo aveva capito qualcosa studiando il suolo nel Giappone settentrionale
Masanobu Shishikura ha 41 anni, è un geologo e lo scorso 11 marzo non è rimasto particolarmente sorpreso dal violento tsunami che si è abbattuto lungo le coste del Giappone settentrionale, in seguito alla scossa di terremoto di magnitudo 9. «Si è trattato di un fenomeno del tutto simile a ciò che avevo previsto» spiega l’esperto al Wall Street Journal, ricordando di aver dedicato buona parte della propria carriera allo studio dei fenomeni sismici che storicamente hanno colpito il suo paese.
Naturalmente Shishikura non ha previsto l’esatto giorno dello tsunami in Giappone. Tuttavia, nell’agosto del 2010 aveva pubblicato su una rivista scientifica un articolo dove, sulla base dei propri studi, non escludeva la possibilità che «nel prossimo futuro» si potesse verificare uno tsunami dalla grande portata. Shishikura era arrivato a queste conclusioni analizzando e studiando le stratificazioni del terreno in alcune aree costiere del Giappone settentrionale.
Il proprio studio degli strati più antichi del suolo ha convinto Shishikura che, ogni 500 – 800 anni, le placche che si scontrano tra di loro nel Pacifico abbiano portato alla formazione di onde anomale che hanno devastato le aree intorno all’attuale città di Sendai, nella prefettura di Miyagi e nella prefettura di Fukushima. Uno tsunami avvenuto molto tempo fa era già noto agli storici. Causato dal terremoto dell’899 di Jogan, le sue onde uccisero almeno mille persone, stando alle cronache dell’epoca. Shishikura ha trovato prove molto evidenti di un successivo tsunami nella stessa area, avvenuto probabilmente tra il 1300 e il 1600.
Shishikura lavora per il centro di ricerca sui terremoti di Tsukuba, un istituto finanziato con soldi governativi, e nel mese di marzo aveva in programma diversi incontri per spiegare i risultati delle proprie ricerche con funzionari del governo, spiegando quali aree fossero maggiormente a rischio per un possibile nuovo tsunami. Il 23 marzo, il geologo avrebbe dovuto incontrare le autorità della prefettura di Fukushima. Yukinobu Okamura, il capo di Shishikura, si era occupato del pericolo tsunami anche nel 2009 davanti a una commissione sul nucleare, suggerendo nuove misure per mettere in sicurezza le centrali, ma i suoi piani per prepararsi al meglio agli tsunami non furono presi molto in considerazione.
Prevedere con precisione, e con un buon margine di anticipo per le evacuazioni, dove si verificherà un terremoto è impossibile, ma lo studio dei registri storici e del terreno consentono agli esperti di identificare le aree dove è più probabile che avvenga un simile evento. Allo stesso modo, la conformazione del suolo può consentire ai ricercatori di capire dove si sono verificati storicamente gli tsunami di grande portata, anche in assenza di registri storici o cronache risalenti all’epoca dei disastri naturali. La peleosismologia si occupa proprio dello studio dei terremoti e degli tsnuami avvenuti in passato studiando le tracce che questi hanno lasciato sulla superficie della Terra.
Studiando il suolo nell’area di Miyagi, Shishikura ha notato la presenza di strati di sabbia e piccoli ciottoli anche nell’entroterra, probabilmente trasportati così lontano dalla costa da precedenti tsunami. Insieme al proprio gruppo di ricerca, il geologo ha ricostruito le onde anomale che storicamente si sono abbattute sulla zona, risalendo fino agli tsunami avvenuti circa 3.500 anni fa.
Secondo Shishikura, con il giusto livello di informazione e una maggiore preparazione sul pericolo tsunami, l’11 marzo si sarebbero potute risparmiare diverse migliaia di vite umane. Le popolazioni delle prefetture di Miyagi e Fukushima erano pronte e abituate ai forti terremoti, come buona parte degli abitanti del Giappone, ma non alla possibilità di un violento tsunami.
Nel corso del terremoto di magnitudo 9 dell’11 marzo, molte persone nell’entroterra se la sono presa comoda facendo telefonate o cambiandosi d’abito, pensando di essere al sicuro. Altri hanno assistito al disastro dove si trovavano senza cercare rifugio in un’area più elevata. Hanno così dimostrato ciò che il gruppo di ricerca di Shishikura aveva scritto lo scorso anno sugli tsunami: «Sembra essere del tutto ignoto al grande pubblico che nel passato alcuni grandi tsunami abbiano inondato zone distanti tra i 3 e i 4 chilometri dalle coste nel caso di terremoti che hanno superato magnitudo 8».