La differenza tra la destra e la sinistra
Secondo l'economista Massimo D'Antoni sta in quanto si assecondano le innovazioni tecnologiche discutendo i diritti
Sul sito Left Wing l’economista Massimo d’Antoni, professore all’università di Siena, discute la proposta fatta nei giorni scorsi da Pietro Ichino, Nicola Rossi e Luca di Montezemolo e affronta più in generale il tema centrale nel dibattito su come affrontare le regole del lavoro in mezzo ai cambiamenti in corso.
Nel dibattito fuori e dentro il Pd la differenza è in fondo qui: tra chi pensa che il livello di flessibilità (e precarietà) raggiunto nel nostro mercato del lavoro sia un’acquisizione tutto sommato positiva, che va certo regolarizzata ma pur sempre accettata e anzi estesa alla generalità dei lavoratori; e chi ritiene che con la flessibilità si sia andati ben più in là di quanto sia auspicabile e coerente con il modello di sviluppo adeguato al nostro paese, e che si debba, quale condizione preliminare ad una ridefinizione del diritto del lavoro, riportare il fenomeno del lavoro precario a una dimensione fisiologica. Ma il dibattito riflette in modo più o meno consapevole una contrapposizione più profonda. Quella tra chi pensa che il diritto debba assecondare passivamente l’evoluzione della tecnologia e delle spinte di mercato, fidando nel fatto che l’economia troverà da sola la sua strada; e chi è consapevole che l’insieme dei diritti e delle istituzioni sia esso stesso una determinante della direzione dello sviluppo, e vada quindi utilizzato per indirizzare l’economia sul sentiero più consono alle aspirazioni di una collettività. Ciò che distingue la sinistra, ogni sinistra, dalla destra, è l’adesione a questa seconda prospettiva.
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