Il problema con le pensioni
Rassegnatevi, scrive l'Economist: arriverà il momento in cui alzare l'età pensionabile sarà necessario
Nei paesi occidentali si parla ormai da anni della possibilità – o della necessità, secondo chi ne parla – di alzare l’età pensionabile e incentivare le persone a restare al lavoro qualche anno in più: e questo nonostante negli ultimi anni diversi paesi abbiano già preso provvedimenti in questa direzione, tra le proteste dei sindacati e di molti lavoratori. L’Economist riprende l’argomento e si schiera a favore dell’aumento dell’età pensionabile, sostenendo in sostanza due cose: che è necessario, che ci piaccia o no; che in fin dei conti non sarebbe poi così male, per i cittadini.
L’Economist sostiene che il vero problema non sia tanto che all’allungamento della vita media debba corrispondere un allungamento degli anni passati a lavorare, quanto che l’allungamento della vita media comporti la mancanza di lavoratori in grado di mantenere, attraverso le tasse, i pensionati. Se i tassi di natalità continueranno a essere così bassi, infatti, nel 2050 negli Stati Uniti ci saranno solo 2,6 lavoratori per ogni pensionato, e in Europa andrebbe persino peggio: in Francia, Germania e Italia sarebbero rispettivamente 1,9, 1,6 e 1,5. Con cifre del genere, il sistema semplicemente non potrebbe stare in piedi.
Per questa ragione alcuni governi stanno preparando altri progetti per alzare l’età pensionabile. Negli Stati Uniti si potrebbe lavorare fino a 67 anni, nel Regno Unito fino a 68. Secondo alcuni studi però, anche queste soglie sarebbero troppo poco per far sì che il sistema sia sostenibile. L’Economist ha fatto due conti e sostiene che perché l’equilibrio non collassi in Europa l’età pensionabile dovrebbe essere portata a 70 anni entro il 2040, mentre gli Stati Uniti, che hanno una popolazione più giovane, potrebbero far andare in pensione i cittadini un po’ prima.
Forse per addolcire la pillola, l’Economist spiega poi che lavorare più a lungo ha dei vantaggi generali, non solo per le casse degli Stati. I lavoratori ricevono uno stipendio per più tempo, il governo ha più entrate attraverso le tasse e può investire di più in ricerca e progetti a lungo termine, l’economia cresce di più visto che più persone lavorano più a lungo. Di tutte le obiezioni che si possono trovare a questa prospettiva, l’Economist – che la ritiene inevitabile – ne affronta soprattutto una: quella per cui alzando l’età pensionabile si rende più complicato trovare lavoro per i giovani, perché buona parte dei posti di lavorò sarà già occupata dai lavoratori più anziani. Questa preoccupazione, scrive l’Economist, si basa sull’idea che il numero di posti di lavoro sia fisso ed era particolarmente usata per contestare l’entrata nel mondo del lavoro delle donne, che avrebbero rubato il posto agli uomini. Il numero dei posti di lavoro, invece, è tutt’altro che fisso, e un’economia che produce di più è un’economia che crea più posti di lavoro: l’idea che uno Stato possa essere più ricco e florido pagando più persone per non fare niente, scrive l’Economist, è ridicola.
Nel Regno Unito il governo ha proposto una riforma delle pensioni che prevede di alzare l’età pensionabile ai dipendenti pubblici, che oggi possono andare in pensione prima degli altri, e di far coincidere la somma della pensione con una media degli stipendi ottenuti nel corso della propria vita e non solo sull’ultima retribuzione ricevuta. Il settore pensionistico pubblico è in grave crisi anche negli Stati Uniti, dove i fondi delle pensioni hanno un deficit che si aggira intorno ai 3000 miliardi di dollari. Si può discutere del come, del cosa, del quando, fa capire l’Economist, ma non del se: riformare il sistema pensionistico diventa ogni anno più necessario.
foto: PHILIPPE DESMAZES/AFP/Getty Images