I guai dell’Unione Europea
Foreign Policy fa un'analisi spietata dei motivi alla base della crisi economica in corso
Foreign Policy ha dedicato un’analisi molto severa alla crisi economica che sta attraversando l’Unione Europea. La tesi di Wolfgang Munchau è che la crisi del debito che ha colpito Grecia, Irlanda e ora anche Portogallo abbia smascherato definitivamente tutti gli errori e le lacune su cui è stata costruita la politica della moneta unica.
Per vendere l’euro ai diversi paesi negli anni Novanta, i suoi promotori fecero una serie di promesse inconsistenti. Ai tedeschi si disse che la moneta unica sarebbe stata solida almeno quanto il marco. Ai francesi fu venduta come un mezzo per aumentare la propria competitività sul mercato globale. Agli italiani e agli spagnoli fu presentata come la possibilità di avere maggiore stabilità monetaria e tassi di interesse più bassi. Ai paesi che poi avevano un sistema bancario deregolato come la Spagna e l’Irlanda, sembrò l’occasione per una crescita economica immediata. Le promesse culminarono nella definizione di un sistema di governance comune e la disciplina monetaria fu rafforzata dall’istituzione di una banca centrale che doveva garantire stabilità. Si stabilì che il debito annuo massimo che ogni paese poteva accumulare non superasse il tre percento. Date queste premesse, l’eurozona è sempre stata molto vulnerabile alle crisi finanziarie.
L’attuale crisi, continua l’articolo, è partita quando gli squilibri macroeconomici del continente europeo si sono scontrati con un sistema bancario malamente capitalizzato e regolato. I tedeschi, che tendevano ad avere un notevole surplus di risparmi, hanno avuto via libera dalle banche europee a investirli massicciamente in Spagna e Irlanda. Un flusso di denaro contante così consistente ha fatto aumentare in entrambi i paesi le bolle speculative sull’edilizia, con i prezzi delle case che si sono triplicati nel giro di pochi anni. La responsabilità di quello che è avvenuto, secondo Munchau, è soprattutto una responsabilità politica.
Il singolo errore più grave è avere stabilito nell’ottobre del 2008, in seguito al collasso della Lehman Brothers, di optare per un approccio «ognuno per sé» alla crisi del sistema bancario. Secondo questo approccio ogni paese avrebbe dovuto garantire indipendentemente per le proprie banche. Se i leader europei avessero invece stabilito una politica comune per il recupero delle banche in difficoltà, la crisi sarebbe probabilmente rimasta confinata al settore privato e non si sarebbe trasformata nell’attuale crisi di debito pubblico che sta travolgendo l’eurozona.
I leader europei poi avrebbero aggravato ancora di più questo primo errore concentrandosi solo sul sintomo della crisi e non sulle sue vere cause. I politici europei, continua Munchau, hanno identificato nel debito pubblico – e non nella crisi del sistema bancario – la minaccia principale alla stabilità dell’euro. E la cura che hanno prescritto è stata quella della austerità: i tagli al budget sono diventati l’equivoco su cui si regge il sistema di assistenza finanziaria dell’Unione Europea. Mentre nel frattempo il vero problema restava irrisolto.
Mentre negli Stati Uniti le banche venivano costrette ad accettare i soldi del governo, in Europa non si faceva niente di simile. E in questo modo il sistema bancario europeo restava molto fragile. È difficile dare un’idea del livello di scarsa capitalizzazione di cui soffrono le banche europee in questo momento: per la ricapitalizzazione delle banche irlandesi serviranno circa settanta miliardi di euro. In Spagna le stime variano tra i venti e i duecento miliardi. In Germania ce ne vorranno probabilmente oltre cento. Il sistema bancario tedesco è molto più vulnerabile di quello che abitualmente si pensa. Anche le banche greche avranno bisogno di essere ricapitalizzate a un certo punto, stessa cosa per il Portogallo. In totale per tutta l’eurozona serviranno probabilmente oltre 500 miliardi di dollari.
Finché non si troverà una soluzione alla crisi del sistema bancario, conclude Foreign Policy, la crisi europea sarà destinata a continuare a cascata. La salvaguardia degli interessi nazionali non può continuare a prevalere sulla necessità di trovare una soluzione comune. È questa secondo Munchau la falla su cui è stata istituita la politica economica comunitaria fin dall’introduzione dell’euro. La fine dell’euro è improbabile, dice, ma quello che sembra delinearsi all’orizzonte è ancora più preoccupante: un’unione monetaria costantemente disfunzionale e divisa.