Montezemolo comincia a muoversi
Oggi sul Corriere c'è una proposta sulla precarietà firmata da lui, Pietro Ichino e Nicola Rossi
Oggi l’articolo che apre la pagina dei commenti sul Corriere della Sera è firmato da tre persone: Luca Cordero di Montezemolo, Pietro Ichino e Nicola Rossi, entrambi senatori del PD (Rossi è dimissionario, però). È un testo “programmatico”, diciamo: parla di precariato e mercato del lavoro e fa alcune proposte concrete. Ed è anche un nuovo segnale di attivismo politico da parte del fondatore di Italia Futura, accompagnato da qualche contenuto.
Domani i lavoratori precari scenderanno in piazza uniti dallo slogan “Il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta”. Convocata via Internet, la manifestazione – che ha avuto migliaia di adesioni – interesserà molte città italiane. Se le cose andranno come sono andate fin qui, anche in questo caso alle manifestazioni non farà seguito alcun atto concreto. Il tema dovrebbe invece essere al centro del dibattito e dell’azione di politica economica.
Valgano, per tutte, le parole rivolte qualche mese orsono dal Governatore Draghi agli studenti di Ancona: “Senza la prospettiva di una pur graduale stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari, si indebolisce l’accumulazione di capitale umano specifico, con effetti alla lunga negativi su produttività e profittabilità”. Parole che corrono il rischio, nella migliore delle tradizioni, di diventare l’ennesima “predica inutile” di questo nostro Paese.
Parole il cui significato, sul piano del “che fare”, è invece chiarissimo. Primo, non si può semplicisticamente pensare di affrontare il tema prendendo la scorciatoia delle sanatorie o considerando il pubblico come luogo deputato all’occupazione assistenziale. Secondo, non si può altrettanto semplicisticamente pensare di contrastare la patologia della precarietà togliendo al sistema i margini di flessibilità di cui ha grande e, anzi, crescente bisogno. Terzo, come dimostra la recente sentenza del Tribunale di Genova in applicazione della direttiva europea sulle modalità di utilizzo dei contratti a termine, mantenere e anzi irrobustire i margini di flessibilità del sistema non si può fare nel modo in cui lo si è fatto fin qui, scaricandone tutto il peso sulle nuove generazioni: oltre che iniquo, può costare troppo caro.