Come chiamare i migranti
Beppe Severgnini alla ricerca del giusto nome da dare a chi lascia la propria terra per spostarsi verso luoghi nuovi
Beppe Severgnini spiega sul Corriere della Sera di oggi come dovremmo chiamare chi si sposta verso luoghi nuovi, sperando di trovare condizioni di vita migliori di quelle che ha deciso di lasciare nella propria terra.
Migrante, participio presente. Una persona, un gruppo o un popolo che migra. Si sposta verso luoghi nuovi, alla ricerca di migliori condizioni di vita. Lampedusa è piena di participi presenti, provvisori e contraddittori. Migranti che non migrano. Non vogliono tornare indietro, non possono andare avanti. Stanno là.
Un tempo c’erano immigranti ed emigranti. Moto a luogo e moto da luogo, secondo il punto di vista di chi guarda. In Italia andava forte il secondo termine: per un secolo (1860-1960) la gente è partita in cerca di lavoro. Arrivavano in pochi, benestanti e inclassificabili. Nessuno chiamava “immigrante” la signora inglese innamorata di un cipresso della Toscana.
Quando emigranti e immigranti diventavano stanziali, ottenevano il cambio di residenza e di tempo del verbo. Da partici presenti a partici passati: da emigranti a emigrati, da immigranti a immigrati. Una tregua linguistica durata vent’anni. Poi l’Italia ha cominciato a esportare professionisti e importare manodopera. Era opportuno aggiornare il vocabolario.
(continua a leggere – PDF)