I guai giudiziari di Saverio Romano
Di cosa è accusato il nuovo ministro dell'Agricoltura, nominato con "riserve" da Napolitano
di Francesco Costa
Ieri il deputato Francesco Saverio Romano, appartenente al gruppo parlamentare di Iniziativa Responsabile, è stato nominato ministro delle Politiche Agricole. La nomina e il giuramento hanno avuto un risvolto insolito: subito dopo la cerimonia, infatti, il presidente della Repubblica ha diffuso una nota per affermare che, sebbene non sussistano “impedimenti giuridico-formali” alla nomina di Romano, ci fossero certamente da parte sua delle “riserve sulla ipotesi di nomina dal punto di vista dell’opportunità politico-istituzionale” (Napolitano parla di “gravi imputazioni” ma Romano non è imputato, bensì indagato). Questo perché Saverio Romano in questo momento è coinvolto in due diverse inchieste, una per concorso esterno in associazione mafiosa e una per corruzione aggravata dal favoreggiamento alla mafia. Vediamo di cosa si tratta.
Di cosa parliamo
Saverio Romano ha 46 anni e ha passato la sua intera vita politica in partiti di ispirazione democristiana. Da ragazzo è stato segretario dei giovani della DC in Sicilia e nel 1990, poco più che ventenne, era consigliere provinciale a Palermo e poi assessore. Nel 1997 è stato nominato presidente dell’IRCAC, il più grande ente creditizio siciliano, nel 2001 è stato eletto alla Camera e poi nominato sottosegretario al Lavoro del governo Berlusconi. È stato uno dei principali dirigenti dell’UdC siciliana, noto soprattutto per essere molto vicino a Salvatore Cuffaro: la stampa lo descrive abitualmente come “fedelissimo” o “braccio destro” dell’ex presidente della Sicilia. Eletto segretario regionale dell’UdC, è uscito dal partito pochi mesi fa insieme a Cuffaro e ad altri esponenti locali del partito, fondando i “Popolari di Italia Domani”, che entreranno poi in Iniziativa Responsabile.
L’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa
La storia comincia nel 2003 ed è la stessa che porterà al primo processo ai danni di Salvatore Cuffaro. L’avviso di garanzia gli viene notificato a giugno di quell’anno e riguarda quindi i suoi presunti rapporti con Giuseppe Guttadauro, boss della mafia del quale i carabinieri ascoltavano molte conversazioni grazie alle microspie posizionate nella sua abitazione. Romano era accusato di aver partecipato a un incontro con lo stesso Guttadauro, allo scopo di scambiarsi sostegno in vista di una campagna elettorale. Romano dice che un incontro elettorale con Guttadauro gli era stato proposto ma lui non aveva mai accettato, ritenendolo “non opportuno”. In quei mesi si discute anche di un suo ingresso al governo nazionale, ma Romano fa un passo indietro con una motivazione che è interessante rileggere adesso: “Fino a quando la Procura di Palermo non dirà una parola ufficiale sull’indagine che mi riguarda, non sarò disposto ad accettare eventuali incarichi di alcuna natura. Nutro profondo rispetto per le istituzioni repubblicane che devono essere sempre messe al riparo da ogni possibile speculazione”.
La prima archiviazione
Alla fine, però, gli inquirenti non riescono a trovare alcuna prova del presunto incontro tra Romano e Guttadauro. Scadono i termini dell’indagine e all’inizio dell’aprile del 2005 il gup di Palermo archivia le accuse nei confronti di Romano: “elementi raccolti insufficienti”. Il 23 aprile dello stesso mese Saverio Romano entra nel governo e diventa sottosegretario al Lavoro del governo Berlusconi III, che resta in carica fino alle elezioni politiche del 2006, vinte dal centrosinistra.
L’inchiesta viene riaperta
Alla fine dell’anno, però, l’inchiesta viene riaperta. Sono decisive le dichiarazioni di Francesco Campanella, che all’epoca Repubblica definisce “giovanissimo portaborse cresciuto alla corte di Mannino e diventato presto uomo di fiducia di Cuffaro e di Mastella. Senza perdere di vista il suo strettissimo legame con i Mandalà, i capimafia che a Villabate eleggevano chi volevano”. Campanella sostiene che Romano fosse stato “autorizzato” dalla mafia a candidarsi nel collegio di Bagheria, alle elezioni politiche, perché “in questa zona non c’è candidato che non è espressione della mafia”. Romano avrebbe ammesso la circostanza durante un pranzo con lo stesso Campanella, Cuffaro e altre persone, durante il quale avrebbe detto, sempre secondo Campanella: «Campanella mi voterà sicuramente perché siamo della stessa famiglia». Romano sostiene che faceva riferimento alla famiglia democristiana e che «dal momento in cui ho allontanato il signor Campanella dal mio partito, da oltre quattro anni, ho sempre temuto una sua reazione. Registro con sollievo che si tratta di quella meno dannosa, almeno fisicamente».
A che punto siamo
Le indagini sono continuate a lungo: Campanella ha ribadito la sua posizione e un altro pentito, Mario Cusimano, lo ha smentito, dicendo che “la famiglia di Villabate” non si era impegnata a sostenere alcun candidato. Arriviamo quindi a pochi giorni fa. Il 12 marzo 2011 il pm ha chiesto una nuova archiviazione per i capi d’accusa nei confronti di Saverio Romano, in assenza di “riscontri alle condotte specifiche” ipotizzate. Il giudice per le indagini preliminari non ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Palermo e ha fissato una nuova udienza per ascoltare le parti. C’è un altro processo, però, oltre a questo.
L’accusa di corruzione aggravata
Due anni fa Saverio Romano viene citato, lui tra molti altri, nelle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. Romano è accusato di aver incassato dei soldi provenienti da un conto corrente svizzero che Ciancimino avrebbe usato per corrompere e ottenere favori. La prova di questo passaggio di denaro sarebbe un biglietto con scritto: «Disposizioni sul conto Mignon: 1.300.000 euro contanti (Carlo – Romano)». Dei soldi destinati a Romano, tra l’altro, una parte sarebbe andata “al presidente”, e gli inquirenti sono convinti che si tratti di Salvatore Cuffaro. Le indagini sono ancora aperte.
foto: LaPresse/AP/Roberto Monaldo