Il modo per tenere al fresco Fukushima c’era
Negli ultimi mesi in Giappone si era discusso di sistemi di raffreddamento alternativi per i reattori, spiega il Wall Street Journal
Nel corso degli ultimi mesi le autorità giapponesi discussero a lungo sull’utilizzo di nuovi sistemi di raffreddamento per le centrali nucleari del paese, soluzioni che avrebbero potuto alleviare e forse prevenire l’incidente alla centrale di Fukushima I. Dopo un lungo dibattito, si arrivò alla decisione di non intervenire sui reattori già realizzati, concentrando gli sforzi sulle centrali di nuova generazione, spiega oggi il Wall Street Journal citando documenti del governo giapponese e delle società responsabili dell’impianto.
Fukushima Daiichi, l’impianto al centro della crisi del Giappone, faceva principalmente affidamento su sistemi elettrici per dare corrente al raffreddamento di emergenza dei propri reattori: una progettazione che si è rivelata fallimentare l’11 marzo a causa del terremoto e dello tsunami. Quando la fonte principale di corrente elettrica si è spenta e i generatori di emergenza non si sono attivati, l’acqua di raffreddamento non ha potuto raggiungere il “combustibile” nucleare. Il surriscaldamento ha portato poi alle esplosioni, agli incendi e al sensibile rilascio di radiazioni nei primi giorni dopo il terremoto.
Dell’adozione di nuovi sistemi per il raffreddamento, meno soggetti ai blackout, se ne parlò lo scorso ottobre nel corso di un meeting della Commissione per la sicurezza nucleare del Giappone. Uno degli esperti intervenuti all’incontro suggerì di adottare nuove tecnologie che avrebbero potuto rendere quasi trascurabili «i rischi connessi ai terremoti e agli tsunami». Lo scorso gennaio la stessa Hitachi, uno dei principali costruttori di centrali atomiche nel paese, descrisse in un documento i vantaggi per la sicurezza dei sistemi di raffreddamento dei reattori che non richiedono l’uso di energia elettrica.
E in effetti negli ultimi tempi, Hitachi ha iniziato a rispolverare una vecchia idea: i condensatori isolati. Quando il reattore si surriscalda produce vapore, che tende naturalmente ad andare verso l’alto. Basta inserire una valvola nel sistema che consenta al vapore di passare in una conduttura all’esterno del reattore che attraversa una vasca d’acqua fredda. Il vapore si condensa e diventa nuovamente acqua utile per ridurre la temperatura nel reattore. Il sistema funziona sfruttando calore e pressione e non richiede energia elettrica.
I condensatori isolati potrebbero far parte dei prossimi reattori costruiti in Giappone. Hitachi sostiene che questi sistemi passivi garantiscono maggiori possibilità per gestire i reattori in caso di emergenza, eliminando gli alti costi di mantenimento dei sistemi attivi come quelli per il pompaggio dell’acqua nei reattori. Non è ancora chiaro se alla luce dell’incidente di Fukushima I le autorità giapponesi torneranno sui loro passi, incentivando l’utilizzo dei condensatori anche negli impianti già costruiti.
Il reattore 1 di Fukushima I, quello costruito nel 1971, era l’unico a essere dotato di un condensatore isolato risalente al periodo di costruzione dell’impianto. Il sistema si è attivato quando le pompe elettriche non hanno funzionato, ma ha smesso di lavorare dopo poco tempo forse a causa delle temperature troppo alte raggiunte dal reattore 1 o di un errore di progettazione. I tecnici dell’impianto dicono che entro pochi giorni i sistemi di raffreddamento attivi saranno nuovamente funzionanti, cosa che dovrebbe ridurre il pericolo di nuove radiazioni ed esplosioni. Il sistema di raffreddamento del reattore 3 sarà operativo domani, quello del reattore 1 venerdì e in tempi brevi anche il reattore 4 dovrebbe avere il sistema di raffreddamento interno ripristinato. I sistemi per abbassare le temperature dei reattori 5 e 6 funzionano già normalmente. Il reattore 2 rimane il più problematico a causa della quantità di radiazioni e di alcune parti rimaste sommerse dopo le operazioni di raffreddamento di emergenza degli ultimi giorni.