Il grande libro del rock (e non solo) – 21 marzo
Le storie del rock di oggi raccontate da Massimo Cotto
di Massimo Cotto
Guarda cerca / corri lontano / vola / Hans il mercante / aspetta lontano / vola
La carrozza di Hans, Premiata Forneria Marconi
1947 – nasce a Milano Franco Mussida, premiato fornaio che oggi dirige una delle poche scuole di musica veramente formative, il CPM, Centro Professione Musica. Con la PFM ha scritto canzoni memorabili come La carrozza di Hans che compone in un pulmino, mentre guida e gli altri dormono; e Impressioni di settembre, scritta invece nella casa dei genitori, dove viveva con papà, mamma e fratello e dove si sentiva imprigionato, con voglia di scappare e conquistare la libertà. Mussida pensa a un brano dove al posto del ritornello cantato parta uno strumentale. Idea geniale, solo che nessuno strumento pareva adatto a produrre il suono che Mussida aveva in mente. Provano con la chitarra, niente. Con il flauto, peggio che andar di notte. Alla fine scoprono che lo strumento giusto c’è e non c’è: si chiama Moog, dal nome del suo inventore, è presente su un brano di Emerson, Lake & Palmer, Lucky Man, ma in Italia non è ancora arrivato. La PFM scopre che in Italia lo importerà la ditta Monzino e che costa l’ira di Dio. Alla Mostra dello Strumento del 1971 incontrano proprio Monzino e Franz Di Cioccio osa l’inosabile. Gli dice: «Guardi, se lo dà a noi, in pochi mesi ne venderà una barca». Monzino abbocca e dà alla PFM il modello portatile, il Minimoog, che in poco tempo diverrà simbolo del progressive.
Curiosità: quando, con gli altri fornai, Mussida scelse Bernardo Lanzetti come cantante, scartò all’ultimo momento Ivan Graziani. A malincuore, perché pur riconoscendo la grande vocalità di Ivan, pensò che fosse più a suo agio con le ballate che con il rock.
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Quando il tuo uomo ti lascia sola / e nessuno ti chiama al telefono / non ti viene da piangere?
Cry To Me, Solomon Burke
1940 – nasce a Filadelfia Solomon Burke, gigantesca (in senso fisico, non solo metaforico) istituzione del soul. Per molti, tra cui il boss della Atlantic Jerry Wexler, Solomon è stato il più grande vescovo del blues (anche qui, fuor di metafora, era davvero a capo di una congregazione religiosa), capace di predicare meglio di Otis Redding, Sam Cooke, Ray Charles e James Brown. Carattere guascone e vita avvolta (da lui) nella leggenda, Solomon è indubbiamente asse centrale della musica nera. In lui convergono la spiritualità del gospel e della musica sacra, la secolarità del blues, spesso marchiato a fuoco da chi frequentava le chiese vere negli anni Quaranta e Cinquanta, e la tradizione del country and western. A impressionare per prima era la voce, possente come quella di uno shouter, ma al tempo stesso molto dinamica e in grado di incantare anche nei sussurri. In poche parole, Burke poteva, con quel tuono che aveva dentro, esortare, invocare o implorare. La sua nascita è stata predetta in sogno dalla nonna, come fosse chiaro fin dall’inizio che lui era in qualche modo un Messia. Sua è anche Everybody Needs Somebody To Love che diventerà il cavallo di battaglia dei Blues Brothers.
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Mi troverò una religione, mi unirò alla chiesa battista / sai che voglio diventare predicatore battista, così non dovrò più lavorare
Preachin’ The Blues, Son House
1902 – nasce a Riverton, nel Mississippi, Son House, una delle voci più intense e drammatiche della storia, nonché padre del Delta blues insieme a Charlie Patton, altro genio indiscusso, e influenza primaria su Robert Johnson e Muddy Waters. House era la casa del dolore (spesso piangeva realmente sul palco mentre interpretava le sue canzoni); la sua voce era scura, densa di growl che a volte tracimavano in imprevedibili falsetti. L’uso quasi lancinante della chitarra slide non faceva altro che ingigantire questo senso di sofferenza che rimbombava dentro le pareti della canzone e premeva per uscire. Molte le leggende attorno a lui. Una di queste riporta che agli inizi non ne volesse sapere del blues, al quale preferiva decisamente il gospel (era stato predicatore per la chiesa battista e la prima parte del suo repertorio era formata esclusivamente da inni religiosi quali John The Revelator e Love Have Mercy When I Come To Die); poi, un giorno, dopo aver improvvisato versi blues in pubblico, ricevette così tante mance che pensò bene di cambiare registro e darsi alla musica secolare. Leggende, credo. Vero è, invece, che conobbe la prigione dura: nel 1927 fu condannato a quindici anni di carcere per aver ucciso un uomo, seppur per legittima difesa. Finì nella prigione di Parchman Farm, che era tutto fuorché una fattoria, da cui uscì dopo due soli anni, comunque devastato. Racconterà la sua esperienza in Country Farm. La sua splendida Death Letter è stata riletta in chiave rock dai White Stripes; molte sue canzoni compaiono nella colonna sonora di Black Snake Moan.
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