Il grande nemico dell’auto elettrica
L'Atlantic ha chiesto a quattro esperti di dire la loro sul principale ostacolo allo sviluppo di auto alimentate a elettricità
Se Henry Ford aprisse il cofano di un’auto di oggi, vedrebbe un motore più o meno con la stessa struttura della sua Ford T (e che con un litro fa qualche chilometro in più): i trasporti sono uno degli aspetti della nostra vita in cui, negli ultimi decenni, la tecnologia ha fatto grandi progressi ma non vere e proprie rivoluzioni.
Nell’industria automobilistica si investe molto nella ricerca sull’auto elettrica, che potrebbe portare a una rivoluzione sostituendo dopo più di un secolo l’alimentazione dei motori basata sui derivati del petrolio. Lo scoglio principale da superare riguarda le batterie: la loro durata e il loro costo. L’Atlantic ha chiesto a quattro esperti di dire la loro sul futuro delle batterie, e se saranno in grado di sostenere una vera svolta nei trasporti del prossimo futuro. Le risposte sono state molto differenti.
Per rispondere alla domanda dell’Atlantic, Ilan Gur e David Danielson, due ricercatori per il ministero dell’Energia statunitense, partono dallo sviluppo dalle batterie agli ioni di litio che hanno reso possibile alimentare in modo efficiente gran parte dei gadget tecnologici che ci circondano, rendendoli più sottili. In questo campo la ricerca fa grandi passi avanti, ma per ora i due esperti riconoscono che l’alimentazione di un’automobile rimane ancora un problema: un’autonomia di 160 chilometri richiede un motore elettrico da 220 chili e che costa almeno 15.000 dollari. C’è bisogno di un’altra svolta, allora, come quella delle batterie agli ioni di litio, e i due ricercatori sono fiduciosi che questa possa arrivare nel prossimo futuro.
Lo storico David Kirsch non è così fiducioso. I primi esemplari di auto elettrica, in realtà, furono costruiti a fine Ottocento: per qualche anno vi fu competizione vera tra prototipi alimentati a elettricità, a benzina e a vapore. Nel 1900, tutti i taxi della città di New York (non tantissimi, in realtà: tredici) erano elettrici. Poi emerse la maggiore potenzialità dei motori alimentati con derivati del petrolio, e l’auto elettrica divenne un oggetto da museo. Secondo Kirsch, i ricercatori hanno annunciato come imminente la “svolta” nella ricerca e la scoperta di una superbatteria costantemente, negli ultimi cento anni.
Shai Agassi, il fondatore del progetto A Better Place, forse condivide lo scetticismo verso un improvviso passo avanti della ricerca, ma cerca di aggirare i problemi delle batterie attuali con una soluzione, per così dire, “ingegneristica”, che non ha bisogno di attendere lo sviluppo di nuove tecnologie. Secondo Agassi, bisogna per prima cosa separare l’acquisto dell’auto da quello della batteria e, parallelamente, sviluppare un sistema di infrastrutture che permetta lo scambio rapido delle batterie tra i viaggiatori ed eviti i lunghi tempi di ricarica per ogni singolo automezzo che sono necessari ora, con le batterie incorporate. In questo modo, l’urgenza di migliorare la tecnologia delle batterie passa in secondo piano. A Better Place dovrebbe partire con i primi progetti pilota in Israele e in Danimarca nel corso dell’anno. Una specie di vuoto a rendere in campo energetico.
Anche secondo chi le produce, come David Vieau della A123 Systems, questo è il momento di dare una possibilità alla diffusione su larga scala delle auto elettriche: dello stesso parere devono essere alla Nissan, che ha già iniziato a introdurre gradualmente negli Stati Uniti e in Giappone il primo modello pensato per il grande mercato e alimentato interamente a elettricità, la Nissan Leaf. L’autonomia supera di poco i cento chilometri, il motore pesa trecento chili e il prezzo è ancora decisamente alto, intorno ai 35.000 euro.