Il grande libro del rock (e non solo) – 20 marzo
Le storie del rock di oggi raccontate da Massimo Cotto
di Massimo Cotto
Sapresti il mio nome, se ti vedessi in paradiso? / Sarebbe lo stesso, se ti vedessi in paradiso?
Tears In Heaven, Eric Clapton
1991 – muore Conor, il bimbo di quattro anni di Eric Clapton e di Lory Del Santo. Precipita dal cinquantatreesimo piano di un appartamento sulla cinquantasettesima strada, attraverso una finestra lasciata aperta. Clapton, che solo di recente si era avvicinato a suo figlio, era stato con lui al circo il giorno precedente; quel 20 marzo sarebbero dovuti andare insieme allo zoo di Central Park. Sono le 11 del mattino. Lory Del Santo è nella vasca da bagno, Conor è in pigiama, eccitato per l’arrivo del padre. Comincia a giocare a nascondino con la baby sitter. Lory esce dal bagno, squilla il fax. Si ferma a leggere. È un preventivo, lo confronta con altri. Sente il figlio che ride e corre. Un addetto alle pulizie dei vetri sta pulendo la finestra. Conor esce dal suo nascondiglio e rincorre la baby sitter, entra nella stanza con la finestra aperta. Mentre l’addetto alle pulizie dice alla baby sitter di fare attenzione, Conor corre verso la finestra, da cui precipita. Finisce sul tetto di un altro edificio, più basso. Muore all’istante. Lory telefona a Clapton, sotto shock. La prima reazione di lui è di incredulità: «Sei sicura sia morto? Non è possibile». Cinque minuti dopo è da lei. Tocca a lui riconoscere il corpo alla Morgue. Lo guarda e, come racconta nella sua autobiografia, pensa. «Non è lui, ci assomiglia un po’, ma non è lui». Centinaia di colleghi si fanno vivi per aiutarlo. La prima lettera che Clapton apre è di Keith Richards. Dice semplicemente: «Se c’è qualcosa che posso fare, devi solo dirlo». Il dramma è che non c’è niente che nessuno possa fare.
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