Stieg Larsson contro i neonazisti
L'autore dei bestseller svedesi raccontato da una nuova biografia
di Giovanni Zagni
Come si è molto raccontato, Stieg Larsson ha scritto solo tre libri e quando morì di infarto nel 2004 a cinquant’anni, nel suo computer era salvato un quarto romanzo, quasi finito. La notizia non è del tutto corretta. Larsson è anche l’autore di un libretto per l’associazione svedese dei giornalisti, Sopravvivere alla scadenza: Manuale per i giornalisti minacciati. Il manualetto è sicuramente frutto più diretto della sua personale esperienza: lo racconta il magazine del Financial Times con un lungo estratto di Stieg, la biografia scritta da Jan-Erik Pettersson.
L’inizio della storia è ambientato in Inghilterra alla fine degli anni ’70, in uno dei momenti di maggior difficoltà economica del paese. Le fabbriche chiudevano e i tagli del welfare non garantivano nessuna sicurezza. Tra i giovani iniziò la fortuna del punk, un genere che faceva del formalmente sovversivo, del rumoroso e del disordinato la propria bandiera. Di solito chi suonava e ascoltava il punk rock era di sinistra; ma con notevoli eccezioni. Ian Stuart Donaldson, cantante in una band che si chiamava Skrewdriver, affiancò ai concerti l’attività politica in formazioni di estrema destra, fino a diventare uno dei leader del National Front, movimento di estrema destra. Il suo gruppo fu tra i primi aderenti di Rock Against Communism, che riuniva le band accomunate da idee politiche di destra, razziste e nazionaliste. I gruppi musicali che ne facevano parte erano distribuiti da etichette come la Rock-O-Rama in Germania e la Rebelles Européens in Francia. A metà degli anni ’80, RAC sbarcò in Svezia.
Negli stessi anni, Stieg Larsson divenne il corrispondente dalla Scandinavia di Searchlight, una rivista inglese diventata un punto di riferimento per un antifascismo aggressivo, militante e di denuncia: di cui, fino ad allora, nella moderata Svezia non sembrava ci fosse bisogno. Ma le cose stavano cambiando: a Göteborg due omosessuali furono uccisi da militanti neonazisti e la presidentessa del Partito del Reich Nordico, Vera Oredsson, giustificò gli omicidi definendoli “pulizia”. In Scandinavia l’estrema destra cresceva: il gruppo norvegese Burzum mise nella copertina dell’album Aske, “ceneri”, la foto di una chiesa in fiamme, due anni prima che il suo leader venisse incarcerato per l’omicidio di un componente di una band rivale. Nel campionato svedese si iniziarono a sentire cori razzisti, e versi della scimmia quando un giocatore di colore toccava il pallone. Gli episodi di violenza divennero sempre più diffusi in Svezia. Alla fine degli anni ’80, non passava settimana senza raid in negozi gestiti da immigrati, lanci di molotov, croci bruciate nei giardini di chi non era nato in Svezia, agguati e aggressioni. I fatti violenti continuavano ad essere descritti come casi isolati e non collegati tra loro: la Svezia non voleva riconoscere di avere un grave problema con l’estremismo politico.
Larsson iniziò il suo impegno politico a 14 anni, nel 1968: allora indossava un distintivo rosso con la stella gialla del Fronte di Liberazione Nazionale vietnamita. La politica, per lui, era una tradizione familiare. Il nonno materno era stato un attivista comunista e i suoi genitori erano entrambi sostenitori del Partito Socialdemocratico Svedese, al governo del paese quasi ininterrottamente dal 1932 al 2006. Il giovane Larsson, come spesso accade, aveva idee ben più estreme dei suoi genitori, che accusava – in lunghissime discussioni intorno al tavolo della cucina – di essere reazionari e traditori del vero spirito del socialismo. All’età di sedici anni lasciò la casa dei suoi, con cui rimase comunque in buoni rapporti, e andò a vivere da solo in un appartamento di loro proprietà dall’altra parte della città universitaria di Umeå. Pressapoco nello stesso periodo cambiò nome da Stig a Stieg, per evitare i problemi che venivano dall’omonimia con un suo coetaneo, anche lui militante di sinistra, che avrà un momento di grande celebrità come scrittore nel corso degli anni Novanta.
Cambiato il nome, Stieg divenne membro di un gruppo nazionale di orientamento trotzkista. Dopo il servizio militare (durante il quale distribuiva nelle camerate il giornale Soldato rosso) e qualche lavoretto, nel 1979 entrò a far parte della redazione di Stoccolma di TT, la maggior agenzia di stampa nazionale. Si occupava soprattutto della sezione grafica, preparando mappe, tabelle e illustrazioni da rivendere ai giornali nazionali. Nel frattempo studiava i movimenti di estrema destra. Il fatto che ci fosse ancora in giro gente così pazza da iscriversi e partecipare alle attività di un movimento neonazista negli anni Ottanta, lo incuriosiva morbosamente. Andava nelle biblioteche cittadine e non trovava quasi nulla. Si convinse di essere uno dei pochi, se non l’unico, ad avere un vero interesse per l’argomento e a volerlo affrontare in modo approfondito, sistematico e scientifico.
La collaborazione con Searchlight lo mise in contatto con un gruppo che monitorava con attenzione l’estremismo di destra in Europa e che registrava in particolare le connessioni internazionali dei suoi membri. Quando scrisse un reportage sul movimento Bevara Sverige Svenskt (“La Svezia agli svedesi”) era chiaro per lui, e per pochi altri in Svezia, che parte del paese stava seguendo una strada razzista simile a quella inglese di pochi anni prima. L’occasione per spiegarlo a tutti gli venne intorno al 1990: la giornalista Anna-Lena Lodenius, che aveva già pubblicato un libro dal titolo Operazione svolta a destra, intendeva scrivere un secondo testo in cui fare un’analisi più approfondita del mondo estremista svedese. Larsson entrò in contatto con lei e decisero di collaborare. Nel 1991, quando venne pubblicato Extremhögern (“Estrema destra”), gli autori ricevettero improvvisamente una notorietà nazionale e vennero invitati a diversi programmi televisivi. Si guadagnarono anche attenzioni più sgradevoli da parte del crescente numero di appartenenti ai movimenti neonazisti: la rivista Storm pubblicò, un paio di anni dopo il libro, una lista completa di nomi, fotografie, indirizzi e numeri di telefono di una quindicina di persone celebri, tra cui il capo della polizia, che avrebbero dovuto essere “messe al muro”. Stieg Larsson era tra queste. L’editore di Storm fu condannato per incitamento all’odio: la prima volta che, in Svezia, qualcuno veniva condannato per una minaccia espressa a mezzo stampa.
Le cose nel paese continuavano a peggiorare. Furono i mesi del cosiddetto “uomo del laser”, un attentatore seriale che a partire dell’agosto del 1991 sparò a undici persone, quasi tutte immigrati, uccidendone una. L’arma aveva un mirino laser, da cui il soprannome. Stieg Larsson sapeva che i gesti non erano opera di un pazzo isolato, ma di una persona che partecipava del montante clima di intolleranza nel paese. Le pubblicazioni neonaziste esaltavano Lasermannen come modello da seguire; l’attentatore si rivelerà essere un rapinatore di banche xenofobo di origine tedesca, che aveva cambiato il suo nome da Wolfgang Zaugg a John Ausonius per nascondere la sua origine non svedese.
La serie Millennium, che riunisce i tre romanzi finora pubblicati, prende il nome dalla rivista in cui lavora il protagonista Blomqvist. Larsson si ispirò molto probabilmente alla sua maggiore impresa editoriale, quella a cui teneva di più e a cui lavorò fino alla fine. Nella primavera del 1995, infatti, un gruppo di giovani reporter guidato da Larsson fondò Expo, un settimanale di informazione e documentazione sul mondo dell’estremismo. Stampato su carta economica in uno spartano formato A4, senza immagini a colori, nelle intenzioni di Larsson doveva essere un punto di congiunzione tra il grande archivio di materiali che aveva raccolto nel corso degli anni e gli studiosi interessati al fenomeno dell’estrema destra svedese, per non limitare la pubblicazione alla nicchia dell’impegno politico militante.
La vita di Expo non era facile, tra le continue difficoltà economiche e i problemi di distribuzione. La rivista vendeva una media di duemila copie a settimana. Ma la sua fortuna in termini di celebrità e diffusione venne, paradossalmente, dai suoi nemici naturali. I gruppi neonazisti svedesi iniziarono a minacciare e attaccare con ogni mezzo le persone e le aziende che collaboravano con la rivista. Nel 1996, ruppero le finestre e disegnarono svastiche e avvertimenti minacciosi sui muri della Guiden Tryck, la ditta che stampava Expo. Spaventata dalle minacce, la direzione ritirò la sua disponibilità a lavorare per la testata. Era la prima volta che, in Svezia, una pubblicazione rischiava seriamente la chiusura a causa di minacce. Due tra i maggiori giornali svedesi, Aftonbladet e Expressen, si dichiararono allora disposti a pubblicare Expo come inserto settimanale: la rivista aveva improvvisamente la possibilità di raggiungere 800.000 per ogni uscita.
In poco tempo, però, le difficoltà ricominciarono. E i veri pericoli, per gli attivisti antinazisti, non venivano solo dalla mancanza di finanziatori e visibilità. Larsson riceveva costantemente minacce telefoniche e lettere anonime, ed era probabilmente la persona più in pericolo di tutta la Svezia. Si abituò a sedersi con le spalle al muro in ogni locale pubblico in cui entrasse. Una volta, uscendo dagli uffici dell’agenzia di stampa TT, avvistò un gruppo di neonazisti che lo aspettavano armati di mazze da baseball nel parco oltre la strada, appena in tempo per schivarli uscendo dalla porta posteriore. Il libretto Sopravvivere alla scadenza raccoglie gli accorgimenti che imparò nel corso degli anni sulla propria pelle. Mentre la polizia continuava a concepire i gruppi estremisti come formati da individui poco acculturati, scarsamente organizzati e in definitiva incapaci di progettare azioni complesse, Larsson sapeva invece che i gruppi avevano costante accesso a documenti ufficiali, compresi gli archivi di polizia, da cui trarre nomi e indirizzi. Per questo motivo, per non esporre nessuno a rischi ulteriori e per comparire il meno possibile in registri pubblici, Stieg Larsson non sposò mai la sua compagna di una vita, Eva Gabrielsson, che conosceva dai tempi delle superiori.
Nonostante le minacce, Larsson continuava a lavorava in redazione, con il Mac in grembo e i piedi sulla scrivania. Era diventato un’autorità in materia di estremismo, consultato da politici di primo piano e invitato a tenere conferenze a Scotland Yard. Il 9 novembre del 2004, Stieg arrivò al palazzo della redazione di Expo e trovò l’ascensore guasto. Dovette percorrere a piedi le sette rampe di scale, fino alla redazione. Entrò, salutò i colleghi, ma dopo pochi passi stramazzò al suolo vicino alla sua scrivania, colpito da un infarto. Morì dopo poche ore.
Solo qualche mese prima, un editore aveva dimostrato entusiasmo per i suoi thriller, che Larsson non faceva alcun mistero di scrivere, quando non stava lavorando alla rivista. Gli auspicati guadagni delle vendite dei libri avrebbero finanziato la rivista (che esiste tuttora) e avrebbero potuto finalmente liberare Larsson dalla costante preoccupazione di trovare finanziatori e nuove soluzioni economiche. Non aveva grandi doti imprenditoriali e ne era consapevole. Non aveva intenzione di fare piani per la vecchiaia e di iniziare a mettere da parte i soldi per la pensione: come disse una sera al giovane Mikael Ekman, che lavorava per lui al settimanale Expo: «Scriverò qualche thriller e diventerò milionario».
(Foto: AP Photo/Scanpix Sweden/Jan Collsioo, File)