Il grande libro del rock (e non solo) – 18 marzo
Le storie del rock di oggi raccontate da Massimo Cotto
di Massimo Cotto
Se ho sbagliato un giorno ora capisco che / l’ho pagata cara, la verità
Nessuno mi può giudicare, Caterina Caselli
1969 – alle 22.15 debutta sul secondo canale della Rai Speciale per voi, condotto da Renzo Arbore, reduce dal successo di un programma dal titolo simile, Per voi giovani. Si tratta di un programma innovativo, in qualche modo anticipatore dei moderni talk-show, dove per la prima volta il pubblico ha l’occasione e la possibilità di criticare apertamente una star. Siamo, non dimentichiamolo, nel 1969, l’anno dopo il Sessantotto inteso come summa di contestazioni e proteste. Sono cinquanta i ragazzi che, seduti su cilindri di plastica bianca, hanno la chance di sottoporre le loro domande agli artisti. L’atmosfera è giusta, il confronto a volte aspro. Le accuse riguardano il rapporto tra le star e il pubblico giovane e anche il borghesismo di alcuni di loro. I toni sono spesso pacati, ma a volte trascendono fino a sfociare in quasi risse, come avviene con Claudio Villa o con Don Backy. Famosa anche la puntata in cui Caterina Caselli, offesissima per le critiche, decide di abbandonare lo studio in lacrime. Molto diversa la reazione di Patty Pravo, che risponde colpo su colpo anche nei toni, con insulti che vengono definiti, in un articolo dell’epoca, «da Trastevere». Quando Nicoletta capisce che hanno spento il suo microfono fa in modo di sillabare chiaramente gli insulti in modo che si legga bene il labiale. Grandiosa anche la risposta di Peggy March, non troppo conosciuta in Italia. La prima domanda è terribile: «Lei non è bella, non sa cantare, non ha un briciolo di personalità. Perché è qui?» Peggy sorrise, mise pollice e indice a mo’ di pistola, poi disse: «Thank you» e sparò.
Speciale per voi andò avanti per due anni. Nel 2003 è stato tentato senza troppa fortuna un remake condotto da Ambra Angiolini. Erano cambiati i tempi. E anche i musicisti.
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Non hai ancora visto il meglio, di me / dammi il tempo, e ti farò scordare il resto
Fame, Irene Cara
1959 – nasce a New York Irene Cara. Ha sangue portoricano e cubano, la pelle scura, grinta da vendere e una voce giusta. L’occasione arriva quando è ancora adolescente: Fame – Saranno famosi, nel ruolo di Coco Hernandez. Recita e canta il brano che le darà popolarità mondiale. La sua bravura è tale che gli sceneggiatori decidono di riscrivere il ruolo di Coco dopo averla sentita cantare. Irene era infatti stata messa sotto contratto solo come ballerina, perché Coco in origine danzava e basta. In pochi mesi Irene diventa una stella di prima grandezza. Alla cerimonia degli Oscar canta due brani, Fame e Out Here On My Own, entrambi in nomination, diventando una delle prime cantanti ad avere questo privilegio.
Commette il primo grande errore quando rifiuta di continuare a vestire la parte di Coco nella serie televisiva Saranno famosi, pensando che le ciambelle con il buco perfetto arrivano una volta sola ed è meglio non rimetterle in forno. Sbaglia, perché la serie tv supera in popolarità il film. Irene non ha tuttavia tempo di abbattersi: scrive con Keith Forsey e Giorgio Moroder il tema di Flashdance… What A Feeling, con cui vince l’Oscar. E dire che stava per commettere un secondo errore: non voleva infatti lavorare con Moroder perché temeva confronti con la sua protetta dell’epoca, Donna Summer. Nel 1984 l’ultimo hit, Breakdance. Poi basta ingressi in classifica. Diciamo che si è goduta con calma quello che le era arrivato tutto insieme.
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Una zebra a pois / me l’ha data tempo fa / uno strano maraja / un amico di papà
Una zebra a pois, Ivan Cattaneo
1953 – nasce a Bergamo Ivan Cattaneo. Uno dei personaggi più eclettici e genuini del panorama italiano. Ironico, dissacratore, caleidoscopico, citazionista, scandaloso, poetico, multimediale, teatrale, avanguardista. Ognuno aggiunga il suo aggettivo. Ivan, uno, nessuno e centomila.
Splendidi i suoi quadri, dove la bellezza ti assale dopo essere stata deturpata, ferita, colpita a morte. Il suo è un neopop da killeraggio, perché il senso dell’arte è svelare il mai svelato, quindi mostrare le ferite non cicatrizzabili, fisiche e, soprattutto, dell’anima. E alla fine, magicamente, sboccia il fiore più bello. Esattamente come nella musica, dove tuttavia il percorso è più tortuoso; solo in American Graffiati ha vinto l’immediatezza, e non è un caso che si trattasse di cover. Ivan il Terribile è sempre stato in anticipo sui tempi, a volte pagandone le conseguenze. È stato buon padrino dei primi gruppi punk italiani e in un certo modo inventore del personaggio Anna Oxa, che debuttò, istruita da lui, in versione punk al festival di Sanremo del 1978.
Curiosità: è stato esonerato dal servizio militare per la sua stravaganza, caso davvero più unico che raro di botta di culo.
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