“Il fondo è stato raggiunto”
Andrea Carandini scrive al Corriere e spiega le sue dimissioni dal Consiglio superiore dei Beni Culturali
Andrea Carandini, professore e archeologo di fama, si è dimesso ieri dall’incarico di presidente del Consiglio superiore dei Beni Culturali, per protesta contro i tagli alla Cultura operati dal governo. Oggi, sul Corriere della Sera, Carandini racconta le ragioni della sua decisione e fa un’analisi amara e impietosa del comportamento del governo e delle sue conseguenze.
Ho scelto un atteggiamento super partes, riuscendo a preservare il Consiglio dagli scontri della politica, convinto che il patrimonio culturale ha a che vedere più con il tutto che con le parti. Ho invitato l’Amministrazione a partecipare alle riunioni del Consiglio, stabilendo con essa un dialogo, che ha arricchito le scelte di riflessione. Ho invitato esperti esterni, che hanno perfezionato i nostri orientamenti. Il Consiglio è così diventato un luogo di dibattito istituzionale allargato. Oltre ai pareri obbligatori in materia di bilancio— progressivamente svuotati di significato per l’abbattimento dei fondi— e oltre alle difese con successo del Codice abbiamo avanzato proposte su questioni importanti. Si è trattato di problemi di rilevanza nazionale (Roma archeologica, vincoli nel Lazio, impostazione della Grande Brera, Galleria Corsini, via Appia), di problemi metodologici (ricostruzione dell’Aquila, rischio sismico, manutenzione programmata, sistemi informativi territoriali) e di problemi riguardo spese e finanziamenti (residui passivi, Arcus). Il fine è stato quello di favorire razionalizzazioni e finalizzazioni che non comportano esborsi. Nel marzo del 2009 il Ministero poteva contare su 155 milioni di euro per la tutela, cifra già allarmante, che per essere giudicata va comparata con la somma che l’istituzione era ed è in grado di spendere: circa 450 milioni l’anno in media per il 2005-2010. Ho sperato in un recupero o quantomeno in una assenza di tagli, come avvenuto per l’Università e la ricerca. Si sono succeduti, invece, tagli sempre più duri, che hanno leso la possibilità del Ministero di agire. Possiamo al momento contare solamente su 102 milioni per curare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico, che è un obbligo imposto dalla Costituzione, cui il Ministero non è più in grado di ottemperare. È per questa ragione che mi sono appellato al presidente della Repubblica.