“Un paese a laicità limitata”
Chiara Saraceno commenta la sentenza della Cassazione che difende la presenza dei crocifissi nei tribunali
Ieri la Corte di Cassazione ha confermato la rimozione dall’ordine giudiziario dell’ex giudice di pace del Tribunale di Camerino, Luigi Tosti, che si era rifiutato di tenere udienza finché dalle aule di tribunale, non solo quella in cui operava lui, non fossero stati rimossi i crocifissi o non fossero stati esposti altri simboli religiosi. La Corte ha detto che per esporre altri simboli religiosi servirebbe “una scelta discrezionale del legislatore, che al momento non sussiste” e che “la presenza di un crocefisso può non costituire necessariamente minaccia ai propri diritti di libertà religiosa per tutti quelli che frequentano un’aula di giustizia per i più svariati motivi e non solo necessariamente per essere tali utenti dei cristiani”. Venerdì prossimo la Corte europea dei diritti dell’uomo si esprimerà con sentenza d’appello definitiva sulla presenza dei crocifissi nelle scuole. Oggi la sociologa Chiara Saraceno commenta così su Repubblica la sentenza di ieri.
La Cassazione ha depositato la sentenza con cui conferma la rimozione del giudice di pace di Camerino che rifiutava di tenere udienza in tribunali dove c’è il crocifisso. Il giudice Luigi Tosti considerava la presenza di questo, unico, simbolo religioso una lesione della libertà di coscienza dei cittadini, particolarmente grave perché attuata in un luogo – il Tribunale – dove l’uguaglianza, la non discriminazione, la neutralità di fronte agli orientamenti di valore dovrebbero essere proclamati in modo esplicito.
Non entro in merito alla correttezza della decisione relativa al giudice “obiettore”, ovvero al giudizio di non legittimità circa il suo rifiuto ad esercitare i suoi obblighi professionali in circostanze da lui considerate inaccettabili non solo per sé, ma per i cittadini. Mi auguro solo che tale rigore venga esercitato anche nei confronti di quei medici o farmacisti che, in nome delle loro opzioni di valore, si rifiutano di prescrivere o vendere la pillola del giorno dopo.
È la motivazione della sentenza che trovo inaccettabile per ciò che dice non sul giudice, ma sul rispetto della libertà di coscienza dei cittadini e sulla laicità delle istituzioni pubbliche. I giudici della Suprema Corte, infatti, da un lato propongono una duplice definizione di laicità: una per addizione (pluralismo di riferimenti religiosi) e una per sottrazione (assenza di riferimenti). Laddove è solo la seconda che configura un atteggiamento laico, specie nello spazio pubblico: che deve essere per definizione neutrale in un contesto non solo di pluralismo religioso, ma anche di persone che non hanno alcun riferimento religioso.