Cinque luoghi comuni su Gheddafi
Il Washington Post ha analizzato alcune delle cose che più si sono dette del dittatore libico
Se ne sono dette un sacco, su Gheddafi, in questi giorni, alcune vere e altre no. Oggi sul Washington Post c’è un interessante intervento di Richard Downie, che è vicedirettore del programma dedicato all’Africa del Centro per gli studi strategici e internazionali. Downie ha preso cinque delle cose che più si sono dette del dittatore libico – alcune le ha dette lui stesse – e ha spiegato se e quanto sono verosimili.
Gheddafi è un matto
Non è difficile pensarlo dopo aver ascoltato qualcuno dei suoi recenti discorsi o dopo aver assistito all’intervento di 90 minuti pronunciato nel 2009 davanti all’assemblea generale dell’ONU. O dopo aver letto il Libro verde, che raccoglie le idee di Gheddafi su svariati argomenti. Senza pensare al suo abbigliamento eccentrico abbigliamento e al suo altrettanto eccentrico stile di vita, le amazzoni, le tende. Sarebbe bene però guardare oltre l’apparenza. Governare un paese diviso come la Libia e farlo così a lungo richiede molta scaltrezza e abilità politica. Gheddafi ha modificato il suo messaggio per anni passando dal panarabismo al panafricanismo alla retorica antioccidentale, scegliendo ogni volta quello più efficace. È riuscito a sconfiggere i suoi nemici indebolendoli e mettendoli uno contro l’altro, facendo in modo che non si coalizzassero contro di lui: ha neutralizzato l’esercito, diviso le tribù e disperso i radicali islamici. Per 40 anni ha controllato tutto e tutti nel suo paese: forse non è così folle come sembra.
Gheddafi non si arrenderà mai
Molti pensano che Gheddafi sia disposto a morire pur di non rinunciare al potere. Lui stesso lo ha ribadito nel primo dei suoi discorsi durante le recenti proteste. In realtà quando nel 2003 gli Stati Uniti invasero l’Iraq, Gheddafi ebbe paura di poter essere il prossimo: rinunciò alle sue aspirazioni nucleari e pagò dei risarcimenti alle famiglie delle vittime dell‘attentato di Lockerbie. Negli ultimi giorni la stampa araba ha parlato di un tentativo da parte di Gheddafi di trattare con i ribelli: il dittatore lascerebbe il paese in cambio dell’immunità e dell’asilo in un paese straniero per sé e per la propria famiglia. Le voci però non sono state confermate, ma sembra comunque che Gheddafi sia meno disposto a morire per la patria di quanto ha sempre sostenuto.
Gheddafi resta al potere grazie ai mercenari
È vero che Gheddafi si è servito spesso di mercenari e che li ha impiegato anche durante le rivolte di questi giorni. I suoi sostenitori più fedeli, però, si trovano all’interno del paese: sono le forze di sicurezza guidate dal figlio Khamis e il suo clan. Inoltre molti soldati stranieri vivono in Libia dagli anni Settanta e sono stati naturalizzati: erano entrati nel paese per iscriversi nella Legione Islamica, una milizia panaraba guidata dalla Libia con lo scopo di creare uno stato islamico nel Nord Africa.
La no-fly zone sarà decisiva per sconfiggerlo
L’unico effetto che può avere l’imposizione della no-fly zone è quello di impedire a Gheddafi di bombardare i civili. È un importante passo avanti rispetto all’attuale situazione ma non ha alcun effetto sugli attacchi via terra, che al momento sono stati più numerosi e hanno causato più vittime dei bombardamenti aerei. La no-fly zone è una misura sostenuta dal premier britannico David Cameron e dal presidente francese Nicolas Sarkozy, e richiesta anche da molti paesi della Lega Araba. La sua realizzazione sembra improbabile visto il parere quasi sicuramente contrario del Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Deposto Gheddafi i problemi della Libia saranno risolti
Gheddafi è riuscito a governare e tenere insieme un paese profondamente diviso: la sua caduta potrebbe riportare a galla le numerose divisioni. Gheddafi inoltre ha eliminato qualsiasi opposizione: in Libia non ci sono partiti, non ci sono ideologie politiche, non c’è nessun leader che possa prendere il suo posto. I ribelli che al momento stanno combattendo fianco a fianco contro Gheddafi hanno poche cose in comune oltre all’odio per il dittatore: tra loro ci sono radicali islamici, monarchici, moderati e laici. L’opposizione ha iniziato ad avere coalizzarsi soltanto a fine febbraio con l’istituzione del Consiglio nazionale di Bengasi. Venerdì l’Unione Europea ha riconosciuto il Consiglio e lo ha definito un “interlocutore politico”. Le cose complicate cominceranno se e quando Gheddafi sarà cacciato.
foto: AP Photo/ Abdel Magid Al Fergany