Il villaggio delle scarpe
La storia della Clarks e dell'enorme centro commerciale che ha rimpiazzato i vecchi stabilimenti della società in Inghilterra
Street è una piccola città del Somerset, in Inghilterra, a circa un’ora di macchina a sud di Bristol. Nei prossimi mesi sarà invasa da orde di turisti cinesi, interessati più allo shopping che alle meraviglie naturali e architettoniche della contea inglese. La principale attrattiva di Street è diventata da qualche tempo il Clarks Village, un grande centro commerciale costruito nell’area industriale dismessa dalla società produttrice di scarpe. I negozi dell’outlet vendono le Clarks e centinaia di altri marchi di scarpe, come spiega Patrick Barkham in un lungo articolo sul Guardian.
Il centro commerciale della fabbrica, che vende una vasta gamma di beni scontati dei marchi più famosi come Clarks, Next, Nike e Monsoon, è l’attrazione principale della West Country, e attira 4,1 milioni di turisti ogni anno. […] A parte aver dato il proprio nome al centro commerciale, Clarks, il più grande marchio di scarpe del mondo, ha ben poco a che fare con il successo del Clarks Village. Le sue scarpe sono infatti fabbricate in Cina, India, Brasile e Vietnam ma non in Gran Bretagna, dopo che l’area industriale e il Village sono stati venduti. Quindi i cinesi volano qui dove un tempo Clarks assemblava le sue scarpe per comprare scarpe che sono in realtà fabbricate in Cina e vendute in un centro commerciale di cui Clarks non ha la proprietà.
Clarks esiste da quasi due secoli. Nel 1825 i fratelli Cyrus e James Clark decisero di riciclare gli scarti della lavorazione dei tappeti in pelle di pecora per farne pantofole. Inizialmente la produzione avveniva nelle case di Street: i fratelli fornivano il materiale e i dipendenti provvedevano a cucire le ciabatte, riconsegnando il prodotto finito. Cyrus e James erano quaccheri e man mano che la loro avventura commerciale si espanse cercarono di mantenere i valori del loro credo religioso, offrendo assistenza ai propri operai. Oltre agli stabilimenti, la società costruì un villaggio operaio, spazi per lo svago e per l’educazione.
Il modello industriale durò per molti anni, portando alla fabbricazione di modelli di successo come i Desert Boot e le Wallabee, ma quando i costi di produzione iniziarono ad aumentare rimanere a Street divenne economicamente poco vantaggioso. La società trasferì progressivamente la propria produzione all’estero in paesi in cui costava meno la manodopera.
La maggior parte dei modelli viene progettata ancora in Gran Bretagna e Clarks conserva il proprio quartier generale a Street, ma le scarpe vengono prodotte in India, Brasile, Cambogia, Cina e Vietnam. Clarks Village è nato nel 1993 per raccogliere i diversi negozi di scarpe della zona e riutilizzare gli impianti di produzione dismessi. Il complesso conta 90 negozi e ci sono anche fastfood e caffetterie.
Il modello adottato per l’organizzazione del centro commerciale è una importazione del sistema da tempo in voga negli Stati Uniti con gli outlet. Il Village è una sorta di parco a tema dove il divertimento non sono le giostre, ma la possibilità di acquistare prodotti con i marchi più famosi e quotati. A giudicare dal numero di persone che passano per la zona ogni anno, il modello sembra funzionare bene e i responsabili del centro commerciale sperano di diventare una delle principali attrazioni per lo shopping dopo i negozi di Londra per i pullman di turisti cinesi che ogni anno visitano l’Inghilterra.
Le scarpe che costano circa 100 sterline in Cina sono vendute a 40 sterline nel Clarks Village. (Ci sono storie, forse fasulle, di turisti che comprano venti paia di scarpe per volta, sostenendo di recuperare così il prezzo del biglietto per il viaggio in aereo.) Il Clarks Village distribuisce anche un depliant spiegando come i turisti possano ottenere un rimborso dell’IVA pari al 14% avvalendosi dell’assistenza di alcuni esperti nello shopping tax-free.
In realtà, spiegano i negozianti del centro commerciale, chi arriva dall’Asia per acquistare le scarpe a Street non pensa tanto al risparmio, quanto alla possibilità di tornare nel proprio paese con qualche prodotto di marca. I clienti non badano alla contraddizione di acquistare un prodotto che è stato magari fabbricato nel loro paese a basso costo, ha raggiunto i negozi di Street e tornerà indietro a caro prezzo su un volo passeggeri.
La contraddizione viene, invece, colta da chi ha lavorato negli stabilimenti della Clarks in Inghilterra, come Brian Chorley, oggi un 72enne che ricorda gli anni in cui si fabbricavano decine di migliaia di paia di scarpe alla settimana in un’unica linea di produzione.
Iniziò a lavorare dopo aver lasciato la scuola nel 1953 all’età di 14 anni. «Tutti andavano alla Clarks. Se andavi per un colloquio potevi essere certo di uscirne con un lavoro.» Iniziò pulendo i sandali che passavano veloci su un nastro trasportatore guadagnando 2,45 sterline alla settimana. […] Poi venne promosso al taglio, Chorley si occupava di una mansione molto qualificata, ben pagata, in una linea di produzione in cui si fabbricavano 37mila paia di scarpe la settimana. «Più tagliavi, più cuoio risparmiavi, più denaro guadagnavi» spiega oggi l’operaio.
Gli stabilimenti della Clarks erano una grande risorsa per l’economia della zona, ma gli alti livelli di produzione comportavano anche sacrifici, ricorda Chorley. La sicurezza sul lavoro era bassa a causa dei macchinari e della frenesia alla linea di montaggio. La pressa meccanica poteva diventare uno strumento letale e tra i tagliatori «solo due o tre avevano tutte le loro dita». Oggi Chorley lavora nel Village e ha il compito di recuperare i materiali da riciclare.
Il centro commerciale dà lavoro a un migliaio di persone ed è una delle principali risorse economiche di Street ancora oggi. La società mantiene la propria sede principale in città dove gli impiegati si occupano del design dei nuovi modelli, del marketing e delle strategie di vendita. Le ciminiere, però, sono spente.